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Personaggi
Padre Tiralosi nel ricordo del dott. Peppino La Medica
Il racconto del «prete storico» negli anni della Matrice
Torniamo a ospitare con grande piacere una testimonianza del nostro caro Doctor, che ci ripropone uno dei suoi scritti, risalente a 10 anni fa, nel quale tratteggiava la figura del prete recentemente scomparso.
Nominato viceparroco alla Matrice alla fine degli anni Cinquanta, aveva come parroco, suo diretto superiore, l'arciprete Michele Tiralosi, prete di vecchia formazione, detto implacabilmente «padre lampiata» per il terribile tic di ammiccare frequentemente le palpebre degli occhi. Fu il primo a occuparsi con serietà e grande passione di giovani, per di più in un periodo storico in cui si percepivano nell'aria i primi fruscii, più che venti, di ribellione.
Foto n. 2
L'inizio della missione – Padre Giovanni Tiralosi, detto amichevolmente padre Giovanni o don Giovanni o, all'uso dei caltagironesi, semplicemente «parrinu» (così per primo amò chiamarlo Ciccio Cannizzaro), con il suo particolare carisma riuscì ad attrarre alla parrocchia della Matrice decine di giovani entusiasti, provenienti da tutte le zone di Vizzini, anche da altre parrocchie.
Per prima cosa riuscì a fare montare un artigianale tavolo da ping-pong nella sagrestia della chiesa Madre, sul quale sfogavamo la nostra esuberanza giovanile in accanite partite all'ultimo sangue. Mai, però, qualcuno di noi ha barato, o insultato o umiliato l'avversario! Con grande capacità organizzativa fu creata una filodrammatica, fu approntato eroicamente un teatrino in sagrestia. Grande capacità recitativa dimostrarono Liccio Amore, che tuttora si dedica al teatro amatoriale interpretando con travolgente passione personaggi verghiani, Giovanni Lo Giudice («u raggiunieri do 'spitali»), esilarante nei ruoli comici, altrettanto bravo ed esilarante era Giovanni Cassisi, detto «tarudda», la signorina Lina Privitelli, ora signora Arancio, bellissima era bravissima nell'interpretazione di ruoli sentimentali e tanti altri.
Fu fondata una schola cantorum con i fiocchi, nel coro spiccavano il basso Peppe Cirnigliaro, figlio di «furmaggiaru tri chila 'i pasta», il baritono Antonio Russo, ragazzo dal carattere generosissimo, deceduto ancora giovane in seguito a un incidente stradale - con la sua Fiat 850 azzurra si spiaccicò contro un eucalipto lungo il rettifilo di santa Domenica, tra Vizzini e Francofonte -, altra voce bassa fu Ciccio Cannizzaro, il quale successivamente si iscrisse all'Università di Catania in giurisprudenza, erano gli anni del movimento studentesco e Ciccio diventò un convinto comunista maoista, ma anche successivamente da sposato, quando veniva a Vizzini, si autoinvitava a pranzo a casa di padre Tiralosi per il semplice gusto di stare a parlare con lui anche se dissentivano su alcune cose. Ciccio fu un ottimo penalista a Catania, tanto da diventare l'avvocato di fiducia di una nota famiglia malavitosa catanese; Ciccio è deceduto qualche anno addietro in seguito a complicazioni di un intervento chirurgico. Mi confidava suo fratello Pippo, medico a Catania, che il ricorrente desiderio di Ciccio era quello di svegliarsi un mattino a Vizzini e poter ammirare di fronte il panorama di monte Lauro dal «Paulao» a «Tanacaura» o «Ciumi ranni». Altra voce bassa era quella di Turi Vaccaro, sempre iperattivo. Voce bassa era anche quella di Mario Pappa, legatissimo a padre Tiralosi, tanto da definirlo «il mio vero padre». Mario successivamente andò in Puglia e fu un ottimo pubblicista, anche lui è morto. Andando alle voci più alte c'erano i tre Vito: Vito Terlato, il contralto del gruppo, Vito Noto, attualmente docente di inglese, ma conosciuto negli ambienti musicali etnei soprattutto come abile musicista che esegue interessanti concerti con la sua fedele chitarra, e Vito Paternò, la cui voce era «un flauto» così come la definiva padre Tiralosi.

Breve parentesi su Vito Paternò: Vito rimase sempre affezionato a padre Tiralosi, anche quando successivamente emigrò in Australia, si sposò ed ebbe figli. In Australia si era inserito bene dal punto di vista lavorativo nel campo della ristorazione e del catering, dal punto di vista religioso si era inserito altrettanto bene in una comunità neocatecumenale, ma tutti i suoi eventuali dubbi o perplessità chi glieli doveva risolvere o con chi ne doveva parlare se non con padre Tiralosi? E allora lunghissime telefonate dall'Australia.
Il più grande desiderio di Vito per festeggiare i suoi 50 anni fu quello di venire a Vizzini anche se solamente per un'ora, partecipare alla santa messa celebrata da padre Tiralosi e poi tornarsene con l'animo in pace in Australia.

Tanti altri ragazzi eravamo le voci bianche del coro e costituivamo un gruppo ben amalgamato ed estremamente affiatato. Fu sistemato il vecchio organo della Matrice dotato di mantici che funzionavano a forza di braccia, per l'occasione veniva richiesta l'opera di don Totò, scarparo della piazzetta di santo Vito, che per l'equivalente in lire di una gradita bottiglia di vino si dedicava all'organo, era «un'ncazzusu costituzionale», un personaggio strano che, per esempio, del grappolo di uva non buttava via nulla, si mangiava anche il raspo.
Non appena arrivava il momento di dare fiato ai mantici uno di noi batteva con le nocche delle dita sul legno delle pareti dell'organo e don Totò attaccava ad azionare i mantici. Memorabile fu una volta che Turi Vaccaro, il più estroverso di noi, tanto per fare uno scherzo, battè le nocche fuori tempo: don Totò cominciò ad azionare i mantici, non appena il poveretto si rese conto dello scherzo e che pertanto stava lavorando a vuoto, giustamente si arrabbiò a tal punto che per poco non bestemmiò in chiesa. Altrettanto memorabile fu il rimprovero di padre Tiralosi non per don Totò, ma per noi che, approfittando della buona fede di uno che era venuto per aiutarci, ci eravamo permessi di fare quello pessimo scherzo.
Noi tutti restavamo incantati allorchè padre Tiralosi cominciava a suonare, destreggiandosi con maestria tra tasti, pedali e registri del vecchio organo, cominciavamo a cantare allorchè dirigendo ci dava il via e orgogliosamente ci sentivamo un grande gruppo.

Fondò il gruppo giovanile di Azione Cattolica con tanto di presidente, il più rappresentativo fu Pippo Italia, persona estremamente seria, attualmente burocrate, pezzo grasso in tutti i sensi, all'assessorato regionale alla Pubblica Istruzione, Turi Vaccaro delegato giovanile e Ciccio Cannizzaro segretario. Il sabato pomeriggio era di prammatica la riunione per discutere di problemi vari e di programmazione.
Lo stesso gruppo si riuniva il primo venerdì di ogni mese e spesso lo passavamo presso il giardino della Nunziata a leggere e commentare il vangelo. Esperienza formativa e indimenticabile per ognuno di noi! Padre Antonio, il padre guardiano del convento, ci guardava incredulo.

Nei locali della parrocchia fu fondato il primo Grest, a cui partecipavano oltre allo stesso gruppo della Azione Cattolica anche altri ragazzi del paese. Trascorrevamo tutte le sere estive tra canti e giochi. Frequenti erano le scampagnate nelle campagne vizzinesi con o senza bicicletta.

In definita padre Tiralosi ci teneva sempre impegnati e ci forniva un insegnamento cristiano che ci siamo portati appresso per tutta la vita. Il più grande insegnamento che ci ha dato è stato quello che Cristo è caritatevole e misericordioso e che è venuto sulla terra non per essere servito, ma per servire. Insegnamento che ci portiamo appresso per tutta la vita e che mettiamo in pratica, spesso senza rendercene compiutamente conto, nella nostra quotidianità. Grazie Padre Tiralosi!

Caramente,
Peppino La Medica
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21/02/2017 | 7454 letture | 0 commenti
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