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Teatro
Nicola Costa in scena con «La Porta»
Riparte da Vizzini, patria indiscussa di Giovanni Verga, la nuova messa in scena dello spettacolo teatrale «La Porta», il testo che porta in calce la firma di Nicola Costa, ovvero uno tra i più rinomati e produttivi artisti siciliani impegnati nella direzione della nuova drammaturgia. Il debutto à previsto venerdì 21 dicembre presso l'auditorium di San Sebastiano (ore 20:45), repliche il 22 e 23.

[Foto: Nicola Costa]
ARTISTA SICILIANO Nicola Costa, autore e regista dello spettacolo teatrale «La Porta».
Costa, drammaturgo, regista ed interprete, già apprezzato dal pubblico vizzinese nell'ultimo festival della rappresentazioni Verghiane in occasione degli spettacoli «Mastro Don Gesualdo» e «Ritratto di un'Isola», offre uno spunto di sana ed intensa riflessione su un tema tanto rinomato quanto inflazionato: la comunicazione.
Il testo è già stato rappresentato in giro per l'Italia tra il 2003 e il 2004 (Teatro Tezzano e Palazzo Platamone di Catania, Teatro Comunale di Fiuggi) raccogliendo ovunque critiche eccelse e grandi consensi da parte del pubblico e, non a caso, è valso all'autore catanese il premio nazionale «I Fiumi» 2003 a Venezia. Ma al di là dei titoli e dei riconoscimenti - Nicola Costa, lo ricordiamo, è anche vincitore del «Premio Europeo di Poesia e Drammaturgia 2002» di Piediluco (Terni) - «La Porta», potrebbe essere definito come una fotografia del tempo attuale: un'istantanea su quella porzione di vita che si consuma all'ombra dell'inerzia quotidiana senza troppa attenzione, nè arte, nè regole. Un click che individua e confronta la distanza, tutt'altro che emblematica, tra il piccolo mondo quotidiano fatto di crisi di identità, di coppia, di valori, e il grande universo guidato dai potenti del pianeta, dove l'handicap della comunicazione e la carenza di confronti concreti, determinano disagi macroscopici il cui eco viaggia attraverso i circuiti drammatici delle guerre, delle sofferenze, della crisi dei popoli "minori" ed alla conseguente, paradossale e scellerata noncuranza riservata a tali avvenimenti, cronici quanto attuali.

Il perverso e talvolta criminale utilizzo delle parole, sempre più indirizzate verso il raggiungimento di obiettivi privati, commerciali, culturali e politici non può che innescare un meccanismo ambiguo dove le realtà vengono spesso omesse o descritte in modo distorto per favorire la gestione della piccola e grande società da parte di chi detta le regole e le condizioni, movendo i fili della cultura dietro la maschera, ormai nota, dei soliti ignoti.
Eppure, è proprio attraverso il dono della parola che si dovrebbe intervenire, riconoscendo e riconsegnando il suo significato più autentico: la descrizione della bellezza, per esempio.
Il sentiero che conduce al confine (inteso come punto di incontro e non trincea) per uomini, etnie, culture etc., non può che essere ridisegnato attraverso la comunicazione, rispolverando l'attenzione all'ascolto ed il ripristino dei valori primari, senza armi, nè veleni.

Sulla scena tre personaggi - un avvocato, un teatrante ed una donna - discutono sull'argomento in un salotto comune quanto essenziale. Il primo è l'icona del capitalismo e del cinico benessere privato, attento ai dati economici della sua professione e poco disponibile a trattare argomentazioni di tutt'altra natura; mantiene quasi sempre un atteggiamento calmo e distaccato e solo di rado alza il tono della voce perchè infastidito dal carattere della conversazione. Il secondo è un artista, emblema di sensibilità e coraggio, che attraverso i versi delle poesie a cui più volte fa riferimento, rilancia l'attenzione e la riflessione verso tutti quei vuoti causati da un sistema disattento ed egoistico. Infine una giovane donna che è, prima di tutto, l'immagine del quotidiano: un'anima innamorata, poco valorizzata ed in qualche modo martirizzata dalla scarsa attenzione ricevuta nel piccolo universo dei suoi rapporti che, in confronto al grande mondo esterno, altro non sono se non la miniatura delle sue più grosse lacune.
Alle loro spalle una porta, chiusa, dalla quale provengono i rintocchi che interrompono gli scambi; quasi come un giudice che, in un aula di tribunale, utilizza il suo martelletto per ristabilire l'ordine tra le parti, in attesa di fornire la sentenza finale.
I tre danno vita ad un confronto serrato che lascia trasparire una sottile, quanto pronunciata, volontà di ricominciare a costruire, ad ascoltare, a guardare oltre l'ombra del proprio naso ed a creare valore andando incontro ad un confine la cui soglia non è poi così distante da come avevano creduto.
Ricominciare, per esempio, dalla volontà di raccontare una bella fiaba ad un bimbo spaventato prima di andare a dormire. Un modo semplice per restituire al suo sonno il diritto di essere sereno, affinchè i suoi incubi non siano più ricorrenti di una tantum da esorcizzare. «Le parole - spiega Costa - infondo servono anche questo: permettere ai sogni di non rimanere, eternamente, tali».
Nel cast, tutto siciliano, figurano - oltre allo stesso Costa - due attori del Teatro Stabile di Catania e del Teatro di Palermo, ovvero Serena Mazzone e Nicolò Prestigiacomo, oltre ad una serie di collaboratori, assistenti e tecnici dell'associazione culturale «I Cuntastorie» che, grazie all'entusiasmo trascinante del loro presidente, Johnny Alagona, affiancheranno il regista nell'allestimento dello spettacolo.
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Quando: 21/12/2007 | Dove: Vizzini
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