Terza pagina
L'orologio e la terza campana
Una volta le giornate erano scandite dalle campane delle torri e dei campanili,
ma le torri dei palazzi comunali, semplicemente, segnavano il tempo. I campanili
segnalavano le ore canoniche, stabilite dalla chiesa, più corte d'inverno
e più lunghe d'estate. Per misurare le ore da indicare con il suono delle
campane ci si serviva delle clessidre. I conventi più poveri usavano un dato
numero di preghiere che i monaci guardiani dovevano recitare tra uno scampanio ed
un altro.
Intorno al X secolo comparve l'orologio a pesi con un dispositivo automatico che faceva regolarmente cadere un peso. Sullo stesso principio si basava il cosiddetto svegliarino monastico, un congegno che dava la sveglia ai monaci per le preghiere della notte e del mattino.
C'è stato un tempo in cui la vita era legata ai ritmi della natura e della
preghiera, il rintocco della campana diceva agli uomini quando svegliarsi, quando
recarsi nei campi, mangiare o andare a riposare, le lodi, i vespri, l'Ave Maria.
Ancora oggi quando il vento porta i rintocchi delle campane nelle campagne circostanti
sembra di udire una voce familiare che ci richiama a casa.
Questo fin quando gli edifici civili non cominciarono a impiantare i primi orologi, insieme simbolo ed effige della laicizzazione del tempo. Proprio di campane e di tempi oggi vorremmo parlare, anzi di "tempo" storico scandito da un orologio. L'Orologio di città, che con familiare discrezione ha scandito le nostre giornate, testimone benevolo della storia collettiva e delle tante singole storie, che sotto il suo lento e costante giro di lancette, si andavano dipanando nelle nostre vite ed in quelle dei nostri avi. Da alcuni anni il suo meccanismo si era inceppato e senza che quasi ce ne accorgessimo, presi dalle nostre piccole vicende quotidiane, si era fatto testimone silenzioso del letargo che aveva già cominciato a sgretolare la nostra storia e la nostra cultura sin dagli ultimi colpi di mortaio che avevano sferzato l'aria di quella torrida estate del '43.
Proprio in questi giorni, grazie all'abile maestria di un artigiano orologiaio ferratissimo quanto discreto, il signor Gregorio Privitelli, e del figlio, l'antico meccanismo ha ricominciato il suo lento incedere.
L'orologio di città risale al 1800 e nasce insieme alla nuova Casa comunale,
mentre il suo meccanismo, già con requisiti di alta precisione, è
del 1816. La ditta che lo costruì, su ordinazione dei senatori di Vizzini,
è la Poli e Bellotti di Milano. Il suo funzionamento si basa sul principio
dei contrappesi. Una interessante peculiarità che lascia incuriositi i
forestieri è costituita dalle sue campane, cosicchè molti usano
chiedere se prima di essere Casa comunale non sia per caso stata una chiesa.
Ma le campane nascondono una ancor più curiosa particolarità: portano
inciso, ciascuna, il nome dei quattro senatori della città che le vollero,
baronene don Giovanni Ventimiglia, don Michele Vita, dott. don Rosario Salvo e
dott. don Rosario Mondelli, fonditore: Pietro Grimaldi di Catania. Ora una breve
ricapitolazione dei suoi rintocchi che giammai suonano a caso come distrazione
potrebbe portarci a credere; lo svegliarino alle quattro del mattino cominciava
il lavoro dei contadini, ma ora che i ritmi di vita sono cambiati un po' per tutti,
suona più comodamente, alle otto; i rintocchi dell'Ave Maria o Salutazione
angelica, come soleva dirsi, chiudono la giornata; a mezzodì si avvia il
caratteristico carillon che coinvolge le tre campane, anche se una di esse,
la terza, oggi tornata a far sentire i suoi rintocchi, non si udiva più da
ottant'anni, ben centoquarantaquattro rintocchi! Anche se "don" Gregorio
Privitelli, meritevole del titolo, giusta l'eccellenza dell'arte che esercita, con
la discrezione e la signorilità che lo contraddistingue, ha creduto di far
cosa grata, riducendo i rintocchi del mattino, non si sa mai il vizzinese dovesse
svegliarsi di soprassalto!
[Foto pubblicate per gentile concessione di Foto Idea Tre G - Vizzini]
Intorno al X secolo comparve l'orologio a pesi con un dispositivo automatico che faceva regolarmente cadere un peso. Sullo stesso principio si basava il cosiddetto svegliarino monastico, un congegno che dava la sveglia ai monaci per le preghiere della notte e del mattino.
Questo fin quando gli edifici civili non cominciarono a impiantare i primi orologi, insieme simbolo ed effige della laicizzazione del tempo. Proprio di campane e di tempi oggi vorremmo parlare, anzi di "tempo" storico scandito da un orologio. L'Orologio di città, che con familiare discrezione ha scandito le nostre giornate, testimone benevolo della storia collettiva e delle tante singole storie, che sotto il suo lento e costante giro di lancette, si andavano dipanando nelle nostre vite ed in quelle dei nostri avi. Da alcuni anni il suo meccanismo si era inceppato e senza che quasi ce ne accorgessimo, presi dalle nostre piccole vicende quotidiane, si era fatto testimone silenzioso del letargo che aveva già cominciato a sgretolare la nostra storia e la nostra cultura sin dagli ultimi colpi di mortaio che avevano sferzato l'aria di quella torrida estate del '43.
Proprio in questi giorni, grazie all'abile maestria di un artigiano orologiaio ferratissimo quanto discreto, il signor Gregorio Privitelli, e del figlio, l'antico meccanismo ha ricominciato il suo lento incedere.
[Foto pubblicate per gentile concessione di Foto Idea Tre G - Vizzini]
05/05/2007 | 7367 letture | 0 commenti
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