Terza pagina
Non solo Verga: i fratelli Corrado e Ippolito Cafici
Le prime ricerche sulla preistoria della Sicilia sono dovute ai geologi ed è
per questa ragione che le civiltà paleolitiche furono studiate prima che
quelle del neolitico e dell'età dei metalli. Solo nel 1898 si ha un primo
quadro d'insieme della preistoria siciliana dovuto al barone F. von Adrian; gli
storici e gli archeologi entrano in scena molto più tardi dei naturalisti,
attratti soprattutto dalla estrema ricchezza delle vestigia della civiltà
classica, ancora per parecchi anni affidano le loro conoscenze della Sicilia pre-greca
all'interpretazione dei dati storici e delle leggende tramandate dagli scrittori
antichi.
Tutto si riduce, a riferire alle popolazioni indigene, ai Siculi, le tombe a grotticella artificiale di cui esistono imponenti necropoli nella Sicilia orientale. Una nuova èra per gli studi paletnologici si apre dal momento in cui Paolo Orsi inizia la sua fervida attività di scavo e di ricerca in Sicilia, giunge al Museo di Siracusa nel 1888 come assistente dell'allora direttore Cavallari e pochi anni dopo gli succede nella direzione di questo istituto, al quale si dedicherà fino alla morte, avvenuta nel 1935.
L'Orsi è il grande rivelatore della Sicilia preistorica, così come lo è della Sicilia classica, cristiana e bizantina. Con attività instancabile e con rigore metodico egli inizia l'esplorazione del suo territorio e lo scavo sistematico dei principali centri archeologici e paletnologici di esso, facendo in breve tempo del Museo di Siracusa uno dei massimi musei italiani.
Fin dal 1892 stabilisce la sua classificazione dei quattro "periodi siculi", preceduti da un periodo neolitico, comunemente chiamato Stentinello, civiltà di Stentinello, dal nome del villaggio dove fu identificata per la prima volta, appunto dall'Orsi, villaggio che rappresenta la più antica cultura neolitica siciliana; siamo intorno al 3.000 a.C., nei pressi di Siracusa. A questi periodi più tardi ne aggiunge un sesto intermedio, rappresentato dalla civiltà di S. Cono-Piano Notaro.
La sua classificazione nelle grandi linee resta tuttora valida, anche se i risultati delle ricerche successive (e in parte anche delle sue stesse ricerche) portano oggi a ricostruire un quadro della preistoria siciliana più ricco e più complesso di quello da lui tracciato.
Il campo della sua azione si estende nei decenni successivi ad un terreno sempre più vasto. La vastità del suo compito di scavatore e di tutore delle immense ricchezze archeologiche di un territorio così esteso come quello che comprende l'intera Sicilia e la Calabria non gli lascia il tempo di riassumere in una visione di insieme il risultato del suo lavoro di quasi mezzo secolo, pur avendo fatto un'analisi perfetta di ogni giacimento esplorato.
La sintesi che egli non fa viene tentata da altri. Dapprima, nel 1904-1905, da Giuseppe Angelo Colini nel «Bullettino di Paletnologia Italiana», e poi, nel 1925, dai fratelli Corrado e Ippolito Cafici in un fondamentale ed importantissimo articolo scritto per il «Reallexikon der Vorgeschichte» di Max Ebert.
I fratelli Cafici sono, dopo l'Orsi, i due massimi rappresentanti degli studi paletnologici della Sicilia orientale. Corrado, attraverso le ricerche sui villaggi di facies stentinelliana dell'Etna, è il principale illustratore del neolitico siciliano. Ippolito, nella sua lunghissima attività scientifica, durata un settantennio, oltre che un illustratore del neolitico è il rivelatore delle stazioni-officine e dell'industria campignana in Sicilia. Grazie al suo fiuto e alla conoscenza del territorio, alcuni scavi effettuati in contrada "tre canali" a Vizzini, portarono alla luce un ripostiglio risalente alla tarda età del bronzo, reperto che ancora oggi fa bella mostra di se nel Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa.
Vizzini ha dato loro i natali, e a modo loro i fratelli Cafici hanno ricambiato, tra scavi, ritrovamenti e libri, hanno saputo portare con onore e vanto l'esser nati a Vizzini; ma il tempo, con il suo lento ed inesorabile decorso, ha cancellato tutto, gli onori ed i prestigi di cui potersi vantare sono stati dimenticati, riposti nel solito cassetto della solita scrivania impolverata, lasciata in balia dei tarli, su in soffitta. Rivalutarli sarebbe come riprendere un discorso lasciato a metà.
Tutto si riduce, a riferire alle popolazioni indigene, ai Siculi, le tombe a grotticella artificiale di cui esistono imponenti necropoli nella Sicilia orientale. Una nuova èra per gli studi paletnologici si apre dal momento in cui Paolo Orsi inizia la sua fervida attività di scavo e di ricerca in Sicilia, giunge al Museo di Siracusa nel 1888 come assistente dell'allora direttore Cavallari e pochi anni dopo gli succede nella direzione di questo istituto, al quale si dedicherà fino alla morte, avvenuta nel 1935.
L'Orsi è il grande rivelatore della Sicilia preistorica, così come lo è della Sicilia classica, cristiana e bizantina. Con attività instancabile e con rigore metodico egli inizia l'esplorazione del suo territorio e lo scavo sistematico dei principali centri archeologici e paletnologici di esso, facendo in breve tempo del Museo di Siracusa uno dei massimi musei italiani.
Fin dal 1892 stabilisce la sua classificazione dei quattro "periodi siculi", preceduti da un periodo neolitico, comunemente chiamato Stentinello, civiltà di Stentinello, dal nome del villaggio dove fu identificata per la prima volta, appunto dall'Orsi, villaggio che rappresenta la più antica cultura neolitica siciliana; siamo intorno al 3.000 a.C., nei pressi di Siracusa. A questi periodi più tardi ne aggiunge un sesto intermedio, rappresentato dalla civiltà di S. Cono-Piano Notaro.
La sua classificazione nelle grandi linee resta tuttora valida, anche se i risultati delle ricerche successive (e in parte anche delle sue stesse ricerche) portano oggi a ricostruire un quadro della preistoria siciliana più ricco e più complesso di quello da lui tracciato.
Il campo della sua azione si estende nei decenni successivi ad un terreno sempre più vasto. La vastità del suo compito di scavatore e di tutore delle immense ricchezze archeologiche di un territorio così esteso come quello che comprende l'intera Sicilia e la Calabria non gli lascia il tempo di riassumere in una visione di insieme il risultato del suo lavoro di quasi mezzo secolo, pur avendo fatto un'analisi perfetta di ogni giacimento esplorato.
La sintesi che egli non fa viene tentata da altri. Dapprima, nel 1904-1905, da Giuseppe Angelo Colini nel «Bullettino di Paletnologia Italiana», e poi, nel 1925, dai fratelli Corrado e Ippolito Cafici in un fondamentale ed importantissimo articolo scritto per il «Reallexikon der Vorgeschichte» di Max Ebert.
I fratelli Cafici sono, dopo l'Orsi, i due massimi rappresentanti degli studi paletnologici della Sicilia orientale. Corrado, attraverso le ricerche sui villaggi di facies stentinelliana dell'Etna, è il principale illustratore del neolitico siciliano. Ippolito, nella sua lunghissima attività scientifica, durata un settantennio, oltre che un illustratore del neolitico è il rivelatore delle stazioni-officine e dell'industria campignana in Sicilia. Grazie al suo fiuto e alla conoscenza del territorio, alcuni scavi effettuati in contrada "tre canali" a Vizzini, portarono alla luce un ripostiglio risalente alla tarda età del bronzo, reperto che ancora oggi fa bella mostra di se nel Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa.
Vizzini ha dato loro i natali, e a modo loro i fratelli Cafici hanno ricambiato, tra scavi, ritrovamenti e libri, hanno saputo portare con onore e vanto l'esser nati a Vizzini; ma il tempo, con il suo lento ed inesorabile decorso, ha cancellato tutto, gli onori ed i prestigi di cui potersi vantare sono stati dimenticati, riposti nel solito cassetto della solita scrivania impolverata, lasciata in balia dei tarli, su in soffitta. Rivalutarli sarebbe come riprendere un discorso lasciato a metà.
30/11/2006 | 4591 letture | 0 commenti
di La Civetta
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