Terza pagina
La "Quaedam Profetia" di Alfredo Cavaliere
Alcuni versi di una poesia siciliana del secolo XIV
O furtuna fallenti, pirkì non si' tuta una?
Affacchiti luchenti et poi ti mustri bruna;
non riporti a la genti sicundo lor pirsuna,
ma mittili in frangenti pir tua falza curuna.
Lu beni cumun tachisi, lu mal si isforza avanti,
nullu è ki staya in pachi, non ch'ha nixun pisanti,
virtuti frusta iachi pirduta di omni canti,
lu mal di altrui sì plachi, plui ca nissun bisanti.
Sichilia miskinella, comu si' consumata,
ki eri tantu bella, kindi eri invidiata!
In lu mundu eri una stilla, or si' tutta scurata;
zo fu la genti fella ki intra ti esti siminata.
Heu missina Sichilia, ki eri cussì beata!
Di sennu et curtisia ben di eri pur laudata.
Ora è suletta et strania, tutta discunsulata
pir la gran tirannia ki intra lei è chavata
Sichilia duglusa, plina di amancamentu,
ki eri cussì iuyusa di tuttu apparamentu,
di grassa eri rifusa et tuttu furnimentu;
ora è multu affamusa, non à mancu furmentu.
O fortuna ingannatrice, perchè non sei sempre la stessa?
Apparisci splendente (di speranza) e poi ti mostri oscura
(perversa); non dai alla gente secondo i loro meriti, ma con
le tue false apparenze metti tutti in impicci
Tace il bene pubblico, trionfa sempre il male; non v'è nessuno che
stia in pace, non v'è nessuna persona assennata. La virtù giace negletta,
abbandonata da tutti, il male degli altri piace più del denaro.
Sicilia infelice, come sei rovinata, (tu) che eri così bella, da esserne
Invidiata! Nel mondo eri (splendevi come) una stella, ora sei tutta
Oscurata (non splendi più); e ciò per colpa di quella gente empia,
ch'è disseminata nella tua terra.
Ohimè, infelice Sicilia, ch'era così beata! Ben eri tu lodata per senno
e cortesia. Ora è tutta sola, a tutti estranea, tutta sconsolata per la
grande crudeltà che l'è piombata addosso.
Sicilia piena di dolori, priva di tutto, che eri così lieta di ogni ornamento,
avevi a profusione vettovaglie e ogni specie di provviste; ora è desolata
dalla fame, non ha neppure frumento.
Poesia scritta nel pieno Quattrocento, descrive, dai versi estrapolati, lo stato in cui riversa l'isola tanta amata dal poeta. La storia è come se si riproponesse per l'ennesima volta; e come se si rivedesse uno scorcio del nostro passato, del nostro glorioso e invidiato paese, che, con il passare degli anni, cade in rovina, piomba in un girone dantesco, in un labirinto da dove difficilmente riuscirà a trovare la vita d'uscita.
Buio è l'orizzonte, anche se è già l'alba, e chissà quanti giorni passeranno prima di rivedere il sole risplendere sui tetti delle nostre case, ma ciò non deve essere motivo di paura e di disperazione, su di noi grava il fardello della rinascita, e se uniti saremo, meno grave sarà il peso da trasportare.
Un solo attimo, lo sbattere delle ali di una libellula, e tutto è distrutto. L'indifferenza, l'apatia, il disinteresse per tutto ciò che è comune, questi sono i nemici da dover affrontare e combattere.
Qualcuno ci sta già provando, ma da soli, senza nessun che ti aiuti, non si vincono nè battaglie, nè tanto meno le guerre. Svegliamoci, forse è già un nuovo giorno; il giorno della rinascita, della riscossa. Forse quel qualcuno sta aspettando proprio noi.
No si faranno miracoli, non ne saremmo capaci, ma basta far poco, ognuno nel suo piccolo, per realizzare tanto ed in fretta. Vizzini se lo merita e se lo meritano i vizzinesi e tutti quelli che lo amano.
O furtuna fallenti, pirkì non si' tuta una?
Affacchiti luchenti et poi ti mustri bruna;
non riporti a la genti sicundo lor pirsuna,
ma mittili in frangenti pir tua falza curuna.
Lu beni cumun tachisi, lu mal si isforza avanti,
nullu è ki staya in pachi, non ch'ha nixun pisanti,
virtuti frusta iachi pirduta di omni canti,
lu mal di altrui sì plachi, plui ca nissun bisanti.
Sichilia miskinella, comu si' consumata,
ki eri tantu bella, kindi eri invidiata!
In lu mundu eri una stilla, or si' tutta scurata;
zo fu la genti fella ki intra ti esti siminata.
Heu missina Sichilia, ki eri cussì beata!
Di sennu et curtisia ben di eri pur laudata.
Ora è suletta et strania, tutta discunsulata
pir la gran tirannia ki intra lei è chavata
Sichilia duglusa, plina di amancamentu,
ki eri cussì iuyusa di tuttu apparamentu,
di grassa eri rifusa et tuttu furnimentu;
ora è multu affamusa, non à mancu furmentu.
O fortuna ingannatrice, perchè non sei sempre la stessa?
Apparisci splendente (di speranza) e poi ti mostri oscura
(perversa); non dai alla gente secondo i loro meriti, ma con
le tue false apparenze metti tutti in impicci
Tace il bene pubblico, trionfa sempre il male; non v'è nessuno che
stia in pace, non v'è nessuna persona assennata. La virtù giace negletta,
abbandonata da tutti, il male degli altri piace più del denaro.
Sicilia infelice, come sei rovinata, (tu) che eri così bella, da esserne
Invidiata! Nel mondo eri (splendevi come) una stella, ora sei tutta
Oscurata (non splendi più); e ciò per colpa di quella gente empia,
ch'è disseminata nella tua terra.
Ohimè, infelice Sicilia, ch'era così beata! Ben eri tu lodata per senno
e cortesia. Ora è tutta sola, a tutti estranea, tutta sconsolata per la
grande crudeltà che l'è piombata addosso.
Sicilia piena di dolori, priva di tutto, che eri così lieta di ogni ornamento,
avevi a profusione vettovaglie e ogni specie di provviste; ora è desolata
dalla fame, non ha neppure frumento.
Poesia scritta nel pieno Quattrocento, descrive, dai versi estrapolati, lo stato in cui riversa l'isola tanta amata dal poeta. La storia è come se si riproponesse per l'ennesima volta; e come se si rivedesse uno scorcio del nostro passato, del nostro glorioso e invidiato paese, che, con il passare degli anni, cade in rovina, piomba in un girone dantesco, in un labirinto da dove difficilmente riuscirà a trovare la vita d'uscita.
Buio è l'orizzonte, anche se è già l'alba, e chissà quanti giorni passeranno prima di rivedere il sole risplendere sui tetti delle nostre case, ma ciò non deve essere motivo di paura e di disperazione, su di noi grava il fardello della rinascita, e se uniti saremo, meno grave sarà il peso da trasportare.
Un solo attimo, lo sbattere delle ali di una libellula, e tutto è distrutto. L'indifferenza, l'apatia, il disinteresse per tutto ciò che è comune, questi sono i nemici da dover affrontare e combattere.
Qualcuno ci sta già provando, ma da soli, senza nessun che ti aiuti, non si vincono nè battaglie, nè tanto meno le guerre. Svegliamoci, forse è già un nuovo giorno; il giorno della rinascita, della riscossa. Forse quel qualcuno sta aspettando proprio noi.
No si faranno miracoli, non ne saremmo capaci, ma basta far poco, ognuno nel suo piccolo, per realizzare tanto ed in fretta. Vizzini se lo merita e se lo meritano i vizzinesi e tutti quelli che lo amano.
08/03/2006 | 3778 letture | 0 commenti
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