Terza pagina
Le campane di San Giovanni
La basilica di San Giovanni si fregia di molti privilegi, fra cui quello di essere
fra le più antiche della città. Sede di una potente confraternita
che larga parte ebbe nelle vicende sociali e politiche della città, intitolata
all’Ordine di Malta, riuscì a conquistarsi larghi privilegi, fra cui quello
di far uscire il Santo tre volte l’anno (1537) senza chiedere il permesso ad alcuna
autorità; l’anno dopo Carlo V concesse di tenere due giorni di fiera per
la festa del Santo (29 agosto). Nel 1617 fu elevata a Chiesa Sacramentale dal Vescovo
di Siracusa D. Giovanni Torres.
Dall’archivio parrocchiale della chiesa si evince che la Confraternita di San Giovanni Battista aveva un ruolo e una posizione importante durante le processioni solenni, alle quali interveniva con «speciale pompa portando al principio tamburi, trombe pifferi ed altri strumenti e doppo quattro paggi con torce accese per dar lume ai quattro Confrati» vestiti con la tradizionale Croce di Malta.
Seguivano poi lo stendardo e gli altri confrati con il crocifisso. Chiudevano il corteo «violini, cimbali e viole con li Cantoni che cantano inni e lodi secondo la Festività».
La riedificazione della chiesa, seguita al terremoto del 1693, è progettata in grande stile e i lavori sono relativamente celeri.
Il progetto è del vizzinese Giovan Battista Giarrusso e nel 1712 erano completate la navata e le due ali. Più lunga la costruzione della facciata: iniziata nel 1735, dal catanese Francesco Viola, sarà completata dai mastri Ignazio, Nunzio Giarrusso e Giovanni Rinaldo, tutti Vizzinesi, nel 1743; il cappellone è opera dell’architetto Bartolomeo Grasso di Grammichele.
La chiesa alla fine dei lavori risultava essere la più grande di Vizzini ed una delle più grandi della diocesi di Siracusa (di cui faceva parte la città). All’interno varie e fastose cappelle fra cui quelle di San Giuseppe, dell’Addolorata, del Soccorso, del Crocifisso, di San Giovanni Crisostomo, di San Paolino degli Ortolani, di San Venanzio, di S. Cosma e Damiano.
Inoltre vi erano custodite numerose reliquie, oltre a quelle di San Giovanni, «le sacre ossa di San Celso e di San Desiderio», condotte a Vizzini da Roma da Bartolomeo da Vizzini dei PP Minori Osservanti.
All’interno della chiesa possiamo ancora ammirare molte pregevoli opere, fra le quali la statua di San Giovanni Battista (1533) di Vincenzo Architofel, (o Archilafes) e del suo discepolo Milona, l’espressivo gruppo statuario dell’Addolorata in cartapesta, del ‘600, rappresentante la Pietà, ancora oggetto di particolare fervore religioso e portato in solenne processione il venerdì Santo.
Tutte le statue sono situate entro artistiche nicchie e coperte da enormi pale secondo il classico stile secentesco, all’interno di detta chiesa trovasi ancora un artistico pulpito in legno con ricche dorature, un coro ligneo nell’abside ed un prezioso organo del ‘600, uno dei più grandi della Sicilia orientale, ancora perfettamente funzionante, una grande pala che raffigura il battesimo di Gesù, copia di quella del Paladino, irrimediabilmente perduta nel crollo dell’abside avvenuto nell’800.
Vi si trovano ancora molte altre preziose opere fra cui due pregevoli angeli del ‘700, recentemente trafugati e poi rintracciati in possesso di un antiquario a Messina.
La chiesa è protagonista insieme a quella di S. Vito della novella verghiana "Guerra dei Santi", che racconta della storica contesa fra le confraternite delle due chiese che opponevano due quartieri della città e che svelavano reali tensioni politiche fra le vecchie elite nobiliari e le classi emergenti dei cosiddetti laureati, figli di artigiani e proprietari.
Ma veniamo alla storia recente, la sua decadenza cominciò quando venne chiusa per restauri già un paio di decenni fa e quella era ancora un’epoca in cui ancora le chiese rimanevano aperte tutti i giorni, tutto il giorno, con tanto di parroco e sagrestano!
In quel periodo era ancora titolare della chiesa "Padre Parroco" Brugliera, un gigante buono che quando somministrava i sacramenti si doveva piegare in due, tanto era alto. Ricordo il suo vocione che rimbombava, quasi faceva eco, fra le alte navate dell’enorme basilica, soprattutto quando qualche monello lo faceva alterare durante le funzioni, così il Credo o il Padre Nostro assumevano il tono del rimprovero e subito si sentiva un tramestio a cui seguiva un immediato silenzio e si riprendeva tranquillamente la funzione.
Padre Brugliera era un vero bonaccione, lo si vedeva girare per il paese con la sua lunga tonaca nera, ed era un piacere incontrarlo, aveva parole d’affetto per tutti e la sua sola vista era rassicurante. Un vero "torrione" della cristianità Vizzinese!
A Padre Parroco Brugliera interessavano due cose in particolare: la "sua" chiesa, che apriva la mattina e chiudeva la sera, e la sua vigna, poco fuori il paese, di cui andava orgoglioso. La "sua" chiesa, quindi, era già stata chiusa per interventi di restauro, così sciagurati che, si scoprì in seguito, ne compromisero seriamente l’equilibrio statico.
Ma già in quell’epoca, il parroco tanto fece e disfece che riuscì a riaprirla. Con l’aiuto del giovane Padre Michelangelo riuscì a farla ridiventare la chiesa più popolosa e brulicante del paese, nacque in quel periodo un gran movimento di giovani, gruppi parrocchiali, comitati e perfino un gruppo scout! Che, ovviamente, orbitavano tutti intorno alla suddetta parrocchia. Sembrava l’alba densa di promesse di una rinnovata primavera, ma proprio perchè bonu e malu tiempu nun dura tuttu ‘u tiempu invidie, gelosie e una miriade di altri "motivi" fecero finire in un fiat tutto questo gran movimento.
Il colpo di grazia fu poi la chiusura della chiesa, seguita, nel corso dei lavori, da scempi e furti. I lavori più recenti, pare, non siano stati effettuati proprio a regola d’arte, a partire dalla scopertura del tetto che, maldestramente, venne lasciato scoperto per mesi e solo per le proteste dell’assessore Bianco, da me personalmente coinvolto, fu fatta una copertura di protezione.
Attualmente, malgrado le condizioni in cui è stata lasciata la chiesa, dopo gli ennesimi sfortunati restauri, su interessamento di Padre Luparello e di alcuni parrocchiani, se ne sta tentando la riapertura e non è detto che, dopo il lungo periodo di tempesta, il sole non possa tornare a splendere sul "campanone" di San Giovanni.
Dall’archivio parrocchiale della chiesa si evince che la Confraternita di San Giovanni Battista aveva un ruolo e una posizione importante durante le processioni solenni, alle quali interveniva con «speciale pompa portando al principio tamburi, trombe pifferi ed altri strumenti e doppo quattro paggi con torce accese per dar lume ai quattro Confrati» vestiti con la tradizionale Croce di Malta.
Seguivano poi lo stendardo e gli altri confrati con il crocifisso. Chiudevano il corteo «violini, cimbali e viole con li Cantoni che cantano inni e lodi secondo la Festività».
La riedificazione della chiesa, seguita al terremoto del 1693, è progettata in grande stile e i lavori sono relativamente celeri.
Il progetto è del vizzinese Giovan Battista Giarrusso e nel 1712 erano completate la navata e le due ali. Più lunga la costruzione della facciata: iniziata nel 1735, dal catanese Francesco Viola, sarà completata dai mastri Ignazio, Nunzio Giarrusso e Giovanni Rinaldo, tutti Vizzinesi, nel 1743; il cappellone è opera dell’architetto Bartolomeo Grasso di Grammichele.
La chiesa alla fine dei lavori risultava essere la più grande di Vizzini ed una delle più grandi della diocesi di Siracusa (di cui faceva parte la città). All’interno varie e fastose cappelle fra cui quelle di San Giuseppe, dell’Addolorata, del Soccorso, del Crocifisso, di San Giovanni Crisostomo, di San Paolino degli Ortolani, di San Venanzio, di S. Cosma e Damiano.
Inoltre vi erano custodite numerose reliquie, oltre a quelle di San Giovanni, «le sacre ossa di San Celso e di San Desiderio», condotte a Vizzini da Roma da Bartolomeo da Vizzini dei PP Minori Osservanti.
All’interno della chiesa possiamo ancora ammirare molte pregevoli opere, fra le quali la statua di San Giovanni Battista (1533) di Vincenzo Architofel, (o Archilafes) e del suo discepolo Milona, l’espressivo gruppo statuario dell’Addolorata in cartapesta, del ‘600, rappresentante la Pietà, ancora oggetto di particolare fervore religioso e portato in solenne processione il venerdì Santo.
Tutte le statue sono situate entro artistiche nicchie e coperte da enormi pale secondo il classico stile secentesco, all’interno di detta chiesa trovasi ancora un artistico pulpito in legno con ricche dorature, un coro ligneo nell’abside ed un prezioso organo del ‘600, uno dei più grandi della Sicilia orientale, ancora perfettamente funzionante, una grande pala che raffigura il battesimo di Gesù, copia di quella del Paladino, irrimediabilmente perduta nel crollo dell’abside avvenuto nell’800.
Vi si trovano ancora molte altre preziose opere fra cui due pregevoli angeli del ‘700, recentemente trafugati e poi rintracciati in possesso di un antiquario a Messina.
La chiesa è protagonista insieme a quella di S. Vito della novella verghiana "Guerra dei Santi", che racconta della storica contesa fra le confraternite delle due chiese che opponevano due quartieri della città e che svelavano reali tensioni politiche fra le vecchie elite nobiliari e le classi emergenti dei cosiddetti laureati, figli di artigiani e proprietari.
Ma veniamo alla storia recente, la sua decadenza cominciò quando venne chiusa per restauri già un paio di decenni fa e quella era ancora un’epoca in cui ancora le chiese rimanevano aperte tutti i giorni, tutto il giorno, con tanto di parroco e sagrestano!
In quel periodo era ancora titolare della chiesa "Padre Parroco" Brugliera, un gigante buono che quando somministrava i sacramenti si doveva piegare in due, tanto era alto. Ricordo il suo vocione che rimbombava, quasi faceva eco, fra le alte navate dell’enorme basilica, soprattutto quando qualche monello lo faceva alterare durante le funzioni, così il Credo o il Padre Nostro assumevano il tono del rimprovero e subito si sentiva un tramestio a cui seguiva un immediato silenzio e si riprendeva tranquillamente la funzione.
Padre Brugliera era un vero bonaccione, lo si vedeva girare per il paese con la sua lunga tonaca nera, ed era un piacere incontrarlo, aveva parole d’affetto per tutti e la sua sola vista era rassicurante. Un vero "torrione" della cristianità Vizzinese!
A Padre Parroco Brugliera interessavano due cose in particolare: la "sua" chiesa, che apriva la mattina e chiudeva la sera, e la sua vigna, poco fuori il paese, di cui andava orgoglioso. La "sua" chiesa, quindi, era già stata chiusa per interventi di restauro, così sciagurati che, si scoprì in seguito, ne compromisero seriamente l’equilibrio statico.
Ma già in quell’epoca, il parroco tanto fece e disfece che riuscì a riaprirla. Con l’aiuto del giovane Padre Michelangelo riuscì a farla ridiventare la chiesa più popolosa e brulicante del paese, nacque in quel periodo un gran movimento di giovani, gruppi parrocchiali, comitati e perfino un gruppo scout! Che, ovviamente, orbitavano tutti intorno alla suddetta parrocchia. Sembrava l’alba densa di promesse di una rinnovata primavera, ma proprio perchè bonu e malu tiempu nun dura tuttu ‘u tiempu invidie, gelosie e una miriade di altri "motivi" fecero finire in un fiat tutto questo gran movimento.
Il colpo di grazia fu poi la chiusura della chiesa, seguita, nel corso dei lavori, da scempi e furti. I lavori più recenti, pare, non siano stati effettuati proprio a regola d’arte, a partire dalla scopertura del tetto che, maldestramente, venne lasciato scoperto per mesi e solo per le proteste dell’assessore Bianco, da me personalmente coinvolto, fu fatta una copertura di protezione.
Attualmente, malgrado le condizioni in cui è stata lasciata la chiesa, dopo gli ennesimi sfortunati restauri, su interessamento di Padre Luparello e di alcuni parrocchiani, se ne sta tentando la riapertura e non è detto che, dopo il lungo periodo di tempesta, il sole non possa tornare a splendere sul "campanone" di San Giovanni.
20/01/2006 | 3901 letture | 0 commenti
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