Terza pagina
Fotografia del Paese in cima al colle
"Il paese in cima al colle, arrampicato sui precipizi, disseminato fra rupi enormi,
minato da caverne che lo lasciavano come sospeso in aria, nerastro, rugginoso,
sembrava abbandonato, senza un'ombra con tutte le finestre spalancate nell'afa,
simili a tanti buchi neri, le croci dei campanili vacillanti nel cielo caligginoso..."
[1]
Ecco come Giovanni Verga vedeva, anzi "fotografava", il suo paese natale, anche in senso letterale, perchè qualsiasi cosa possano dire i documenti anagrafici, egli quaggiu nacque e qui ambientò le opere che lo fecero conoscere in tutto il mondo fra
"...li noci alti di Tebidi, e le folte macchie dei valloni, e le pendici delle colline verdi di sommacchi, e il campanile (della chiesa Madre) che sembrava un manico di saliera." [2]
Malgrado quasi mai ne abbia citato il nome la sua appartenenza è viva ed evidente non solo nel nome delle contrade, delle strade e delle chiese, ma nei colori, negli odori, nei visi perfino nel patrimonio genetico della gente che ancora lo popola.
Solo qui le parole "quagliano" si reincarnano e prendono vita e da un vicolo ecco spuntare la Lupa
"...alta, magra con un seno fermo e vigoroso da bruna... con due occhi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano... che al villaggio chiamavano Lupa perchè non era sazia giammai... che Padre Angiolino di S. Maria di Gesù ci aveva perso l'anima per lei..." [3]
Quali parole possono meglio descrivere il rapporto "intimo" fra Lo Scrittore, il suo universo poetico e la sua città, dalla quale fuggì più volte per poi tornarvi con gli occhi dell'anima, se non facendoli parlare ritessendo il loro intimo dialogo?
Qui nella città del Verga, esiste da poco una finestra sul passato, un passato rivisitato da un fotografo "freelance" d'eccezione, assolutamente un fuoriclasse, il suo nome è: Giovanni Verga Catalano, Barone di Fontanabianca, ma non si tratta di un omonimo o di un pronipote, ma dello stesso caro vecchio "zio" Giovanni, classe 1840!
La città ha dedicato allo scrittore un Museo dell'Immaginario Verghiano, ove sono esposte le sue inquadrature migliori, una galleria di visi dimenticati, ma indimenticabili, i protagonisti, splendidi eroi umili delle sue storie.
[1] da "Mastro don Gesualdo", p. I, cap. IV;
[2] da "Jeli il Pastore";
[3] da "La Lupa";
Ecco come Giovanni Verga vedeva, anzi "fotografava", il suo paese natale, anche in senso letterale, perchè qualsiasi cosa possano dire i documenti anagrafici, egli quaggiu nacque e qui ambientò le opere che lo fecero conoscere in tutto il mondo fra
"...li noci alti di Tebidi, e le folte macchie dei valloni, e le pendici delle colline verdi di sommacchi, e il campanile (della chiesa Madre) che sembrava un manico di saliera." [2]
Malgrado quasi mai ne abbia citato il nome la sua appartenenza è viva ed evidente non solo nel nome delle contrade, delle strade e delle chiese, ma nei colori, negli odori, nei visi perfino nel patrimonio genetico della gente che ancora lo popola.
Solo qui le parole "quagliano" si reincarnano e prendono vita e da un vicolo ecco spuntare la Lupa
"...alta, magra con un seno fermo e vigoroso da bruna... con due occhi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano... che al villaggio chiamavano Lupa perchè non era sazia giammai... che Padre Angiolino di S. Maria di Gesù ci aveva perso l'anima per lei..." [3]
Quali parole possono meglio descrivere il rapporto "intimo" fra Lo Scrittore, il suo universo poetico e la sua città, dalla quale fuggì più volte per poi tornarvi con gli occhi dell'anima, se non facendoli parlare ritessendo il loro intimo dialogo?
Qui nella città del Verga, esiste da poco una finestra sul passato, un passato rivisitato da un fotografo "freelance" d'eccezione, assolutamente un fuoriclasse, il suo nome è: Giovanni Verga Catalano, Barone di Fontanabianca, ma non si tratta di un omonimo o di un pronipote, ma dello stesso caro vecchio "zio" Giovanni, classe 1840!
La città ha dedicato allo scrittore un Museo dell'Immaginario Verghiano, ove sono esposte le sue inquadrature migliori, una galleria di visi dimenticati, ma indimenticabili, i protagonisti, splendidi eroi umili delle sue storie.
[1] da "Mastro don Gesualdo", p. I, cap. IV;
[2] da "Jeli il Pastore";
[3] da "La Lupa";
30/01/2005 | 3913 letture | 0 commenti
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