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Terza pagina
Il sogno
Mi sono sempre chiesto, guardando all'orizzonte celato al di la delle colline vicino casa mia, cosa ci fosse di speciale per cui io perdessi talvolta lo sguardo per intere ore... ore nelle quali era la meditazione lo scopo involontario di quel mio tacere introspettivo.

Uno sguardo gettato talvolta nel vuoto coperto di soli puntini brillanti e buio quale solo l'universo è in grado di offrirci; e poi sguardi dedicati a quelle che sono le forme più invisibili alle quali dedichiamo credo tutti più di qualche minuto istante. Sono quelle forme invisibili del "chi sarò" e "che cosa farò", sono tutti quei dialoghi immaginari dove siamo protagonisti in prima persona, dialoghi veri, autentici ma solo in potenza. Una potenza che ci riguarda in misura quasi di sogno, una potenza che finisce con l'affidare l'intera se stessa alle speranze.

RooninDunque, ero sempre solito chiedermi cosa ci fosse dietro quelle colline, se tutti gli abitanti del mondo potessero vedere le mie stelle, e se anche l'uomo più solo in questa epoca potesse trovare una sorta di piccolo conforto nel guardare la luna e pensare che nel medesimo momento qualcuno, da qualche altra parte del tempo, stesse facendo altrettanto.
Il solo interrogare la mia immaginazione non mi bastò, decisi dunque di varcare la soglia, di osare, di scorgere cosa ci fosse dietro quelle colline. Lo feci e ne scorsi altre, dunque, impossibilitato nel ripeter altrettanta esperienza con le stelle dell'universo, interrogai chi mi stava vicino se la notte, guardando la luna, avesse mai sentito oltre al fresco d'una serata di mezza estate di periferia, anche la sensazione delle lacrime di qualcuno, o l'umano sforzo di chi volgendo gli occhi al cielo cerca una risposta da quei bagliori eterni.
Non otteni mai nessuna risposta che fosse altrettanto soddisfacente come quelle che ho sempre scorto lungo la strada. Echi di voci non a me dedicate o ai miei quesiti ma involontari pensieri, azioni, sguardi immersi nelle meraviglie di ciò che è quotidianità per chiunque viva in questo mondo.

Il cammino, dunque, divenne il quaderno delle mie riflessioni, pagine voltate dal vento e dall'alternarsi di sole e luna, scritte dal respiro, dai sorrisi, dagli sguardi d'ogni viandante, rilegate di quel fiato che il giorno che si spezzerà slegherà inevitabilmente lo stesso libro dando le sue pagine al vento ed all'oceano.

Intrapresi una lunga, lunghissima passeggiata che vide i miei passi muoversi non solo tra i chilometri che separano una città da un'altra, ma anche le talvolta sconfinate distanze che separano una mentalità da un'altra.
Percorsi con umiltà e spirito di ricerca quelle distanze senza mai lederne il percorso riservato ad alti, sempre e comunque con lo stesso spirito.

Oggi mi affaccio dalla finestra della mia stanza, vedo le stesse colline, lo stesso universo sopra di me, la stessa Luna brillante nel cielo. Continuo a chiedermi quanta gente inconsapevolmente io abbia incontrato nei miei tanti "viaggi" mentre in silenzio lasciavo che il bagliore bianco, talvolta giallo della Luna rapisse senza alcuna resistenza il mio spirito, la mia mente.

Continuo imperterrito a pormi interrogativi e nel frattempo, ogni tanto, volto il mio sguardo in dietro.
Voltare il proprio sguardo in dietro; quanto coraggio ci vuole per potersi rivoltare indenni, senza aver accellerate le palpitazioni, senza aver sentito vorte il desiderio di voltare tutto se stesso e correr indietro per recuperare il "certo", per ricorrer tra le braccia della propria famiglia, per risentirsi l'abito importante del proprio nome quando indossato, viene chiamato da chi ci conosce e ci attribuisce una dimensione.
Piuttosto che quell'incessante viaggiare in avanti, nel nulla che rivela di se poco, ed è sempre più difficile capirne le forme.
È, ed è assoltamente duro il percorso di chi intraprende una strada, qualunque essa sia, purchè sia una strada non circolare ma Una strada in avanti.

Riguardo le colline che si riposano qui di fronte ai miei occhi, ne ipotizzo l'orizzonte. Scorgo adesso una montagna, quella che per me prende il nome di Monte Fuji ma che per chiunque altro potrebbe avere assolutamente qualsiasi altro nome, capisco dunque dov'è diretto il mio passo.
Una strada in avanti si, ma con assolutamente una meta, non un cieco vagare tra le nebbie o ciò che ci porta via dal passato. Scorgo dunque la meta, riallaccio lo zaino, spengo il fuoco di quel piccolo falò che mi aveva fatto compagnia durante quella stasi, ripercorro dunque fiero il mio cammino. So dove voglio arrivare.
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06/07/2005 | 3465 letture | 0 commenti
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