I racconti di Doctor
I festeggiamenti di Natale
I festeggiamenti di Natale si cominciavano a preparare a casa nostra l'8 dicembre,
giorno dell'Immacolata Concezione. Si cominciava a preparare il Presepe, la base
dell'edificando era sistemata con un vecchio tavolo, messo ad angolo nella sala
da pranzo, venivano saliti dalla gattaia gli scatoloni impolverati che contenevano
i pastori conservati in buon ordine dall'anno precedente, la grotta, le casette,
il ponte sotto il quale si metteva uno specchio che simulava una raccolta d'acqua
e dove andava a finire una striscia di carta argentata che si insinuava tra le
montagne come un fiumicello immissario.
Mio padre aveva incaricato per tempo il signor Innaro, persona di statura bassina e di carattere riugghiusu sempre presente dietro la bandiera rossa quando c'era una manifestazione e con il fazzoletto rosso al collo alla sfilata del 1° Maggio, dicevo, mio padre aveva incaricato il signor Innarro di provvedere a rifornirci di lippo e sparacogna per il presepe. Puntualmente l'8 dicembre, prima di mezzogiorno, il signor Innaro si attaccava al battente del portone di casa nostra e tuppuliava fino a quando non tiravamo la cordicella che alzava la zacchita e così si apriva il portone, saliva trafelato i due piani di scale con un cufino sulle spalle pieno di lippo e sparacogna raccolti alla Masera, spaiava in sala da pranzo e per omaggio portava a mia madre un po' di cicoria appena raccolta. Alcune arance e mandarini e una equa mancia da parte di mio padre, ripagavano della cortesia fattaci il signor Innaro, il quale si prodigava in mille ringraziamenti e raccomandava a mio padre di non dimenticarsi di chiamarlo l'anno venturo per provvedere al lippo.
Il profumo del lippo era talmente forte che bastava a noi ragazzi fare una inspirazione profonda per sentirci in un altro mondo. Nei giorni successivi si provvedeva a sistemare il lippo, le montagne di carta imbiancate a mano a simulare la neve, il cielo con la sparacogna e si lanciavano su di esso in modo che si attaccassero dei pezzetti di cotone sciuso che davano l'idea dei fiocchi di neve, i pastori si sistemavano in modo strategico: il bue e l'asinello dentro la grotta assieme a San Giuseppe e alla Madonna, lo spaventato da rutta di fronte alla grotta, i pastori vari che portavano doni (pesci, ricotta ed altro) in un ideale percorso verso la grotta, più lontano i Re Magi che sarebbero arrivati per ultimi, le pecorelle che brucavano l'erba o a bere vicino al fiumicello o alla raccolta d'acqua, con la segatura preparavamo anche un finto deserto su cui mettevamo i cammelli. La posa della stella cometa e l'illuminazione completavano l'opera.
Da allora e per tutte le sere con la presenza di vicini di casa amici e di parenti si accendeva l'illuminazione del presepe, si spegnevano le luci di casa e si dava l'avvio alle preghiere che si concludevano regolarmente con il canto "Tu scendi dalle stelle".
Quello era anche il periodo in cui si preparavano i dolci in casa: nucatuli, torrone di mandorla e di giuggiulena, funci di pagghia, crocette, cuddureddi nella varietà farcite di miele o di vino cotto e le delicatissime marmurate, se c'era altro da fare si portavano gli ingredienti da Trisina che, su ordinazione, preparava ottimi dolci, abitava nel quartiere di S.Vito di fronte la casa dei Montes, si saliva una ripida scala, ci accoglieva Trisina con un fazzoletto legato in testa tra il ciauru di essenze (cannella, vaniglia, chiodi di garofano) il fumo ed il calore del forno a pietra sempre acceso, gran compagna era per lei una ciavula tenuta legata al piede di una sedia e che gelosamente starnazzava ogni volta che un estraneo entrava in casa.
Nella chiesa di S. Vito si celebrava la tradizionale novena di Natale. Tutte le mattine per nove giorni prima di Natale alle ore 6, preceduta dallo sparo di un mascuni, padre Vito Garra celebrava messa, seguivano brevi canti natalizi. Oltre ai devoti locali anche i contadini di tutto il paese, legate le viestie davanti alla chiesa, partecipavano alla funzione religiosa chiedendo al Signore quantomeno la grazia di una buona annata, nel frattempo albeggiava e finita la funzione religiosa, i contadini, presi da insolita bontà, si salutavano affettuosamente e si dirigevano verso le proprie campagne.
Padre Vito invece dismetteva i paramenti da chiesa, si infilava cappotto, sciarpa, guanti e cappello - si moriva di freddo in quel periodo dell'anno, specie se spirava il vento da Caltagirone - e si dirigeva a celebrare Messa presso il convento delle suore di clausura di Santa Maria.
In tutte le chiese si apparecchiavano i presepi, quello più grande e ricco era nella chiesa di S. Giovanni, e proprio da quella chiesa, fornita di altoparlanti esterni, meraviglia delle meraviglie, per la prima volta da lontano abbiamo sentito dischi di musica natalizia compreso il suono delle cornamuse e delle zampogne. Erano gli anni cinquanta!!!
Si entrava anche nel periodo delle giocate a carte: dall'innocua tombola e sette e mezzo nelle famiglie al baccarat o chemin de fer dei vari circoli e clubs dove si giocava veramente "forte" e c'era qualcuno che era capace di giocarsi una posizione, per esempio in pegno metteva sul tavolo da gioco le chiavi di una macchina.
La cena di Natale era regolarmente di magro con baccalà bollito condito con olio, limone e prezzemolo, 'mpanate di broccoli o di spinaci, insalata di arance con olio e cipollina fresca, un bicchiere di vino e per i più fortunati il panettone Motta, che ci avevano inviato per posta parenti dal continente.
Lo scampanio delle varie chiese ci indicava che potevamo scambiarci gli auguri e soprattutto che potevamo mattere il Bambino Gesù nella pagghialora del presepe.
Auguri a tutti.
Caramente,
vostro doctor
Mio padre aveva incaricato per tempo il signor Innaro, persona di statura bassina e di carattere riugghiusu sempre presente dietro la bandiera rossa quando c'era una manifestazione e con il fazzoletto rosso al collo alla sfilata del 1° Maggio, dicevo, mio padre aveva incaricato il signor Innarro di provvedere a rifornirci di lippo e sparacogna per il presepe. Puntualmente l'8 dicembre, prima di mezzogiorno, il signor Innaro si attaccava al battente del portone di casa nostra e tuppuliava fino a quando non tiravamo la cordicella che alzava la zacchita e così si apriva il portone, saliva trafelato i due piani di scale con un cufino sulle spalle pieno di lippo e sparacogna raccolti alla Masera, spaiava in sala da pranzo e per omaggio portava a mia madre un po' di cicoria appena raccolta. Alcune arance e mandarini e una equa mancia da parte di mio padre, ripagavano della cortesia fattaci il signor Innaro, il quale si prodigava in mille ringraziamenti e raccomandava a mio padre di non dimenticarsi di chiamarlo l'anno venturo per provvedere al lippo.
Il profumo del lippo era talmente forte che bastava a noi ragazzi fare una inspirazione profonda per sentirci in un altro mondo. Nei giorni successivi si provvedeva a sistemare il lippo, le montagne di carta imbiancate a mano a simulare la neve, il cielo con la sparacogna e si lanciavano su di esso in modo che si attaccassero dei pezzetti di cotone sciuso che davano l'idea dei fiocchi di neve, i pastori si sistemavano in modo strategico: il bue e l'asinello dentro la grotta assieme a San Giuseppe e alla Madonna, lo spaventato da rutta di fronte alla grotta, i pastori vari che portavano doni (pesci, ricotta ed altro) in un ideale percorso verso la grotta, più lontano i Re Magi che sarebbero arrivati per ultimi, le pecorelle che brucavano l'erba o a bere vicino al fiumicello o alla raccolta d'acqua, con la segatura preparavamo anche un finto deserto su cui mettevamo i cammelli. La posa della stella cometa e l'illuminazione completavano l'opera.
Da allora e per tutte le sere con la presenza di vicini di casa amici e di parenti si accendeva l'illuminazione del presepe, si spegnevano le luci di casa e si dava l'avvio alle preghiere che si concludevano regolarmente con il canto "Tu scendi dalle stelle".
Quello era anche il periodo in cui si preparavano i dolci in casa: nucatuli, torrone di mandorla e di giuggiulena, funci di pagghia, crocette, cuddureddi nella varietà farcite di miele o di vino cotto e le delicatissime marmurate, se c'era altro da fare si portavano gli ingredienti da Trisina che, su ordinazione, preparava ottimi dolci, abitava nel quartiere di S.Vito di fronte la casa dei Montes, si saliva una ripida scala, ci accoglieva Trisina con un fazzoletto legato in testa tra il ciauru di essenze (cannella, vaniglia, chiodi di garofano) il fumo ed il calore del forno a pietra sempre acceso, gran compagna era per lei una ciavula tenuta legata al piede di una sedia e che gelosamente starnazzava ogni volta che un estraneo entrava in casa.
Nella chiesa di S. Vito si celebrava la tradizionale novena di Natale. Tutte le mattine per nove giorni prima di Natale alle ore 6, preceduta dallo sparo di un mascuni, padre Vito Garra celebrava messa, seguivano brevi canti natalizi. Oltre ai devoti locali anche i contadini di tutto il paese, legate le viestie davanti alla chiesa, partecipavano alla funzione religiosa chiedendo al Signore quantomeno la grazia di una buona annata, nel frattempo albeggiava e finita la funzione religiosa, i contadini, presi da insolita bontà, si salutavano affettuosamente e si dirigevano verso le proprie campagne.
Padre Vito invece dismetteva i paramenti da chiesa, si infilava cappotto, sciarpa, guanti e cappello - si moriva di freddo in quel periodo dell'anno, specie se spirava il vento da Caltagirone - e si dirigeva a celebrare Messa presso il convento delle suore di clausura di Santa Maria.
In tutte le chiese si apparecchiavano i presepi, quello più grande e ricco era nella chiesa di S. Giovanni, e proprio da quella chiesa, fornita di altoparlanti esterni, meraviglia delle meraviglie, per la prima volta da lontano abbiamo sentito dischi di musica natalizia compreso il suono delle cornamuse e delle zampogne. Erano gli anni cinquanta!!!
Si entrava anche nel periodo delle giocate a carte: dall'innocua tombola e sette e mezzo nelle famiglie al baccarat o chemin de fer dei vari circoli e clubs dove si giocava veramente "forte" e c'era qualcuno che era capace di giocarsi una posizione, per esempio in pegno metteva sul tavolo da gioco le chiavi di una macchina.
La cena di Natale era regolarmente di magro con baccalà bollito condito con olio, limone e prezzemolo, 'mpanate di broccoli o di spinaci, insalata di arance con olio e cipollina fresca, un bicchiere di vino e per i più fortunati il panettone Motta, che ci avevano inviato per posta parenti dal continente.
Lo scampanio delle varie chiese ci indicava che potevamo scambiarci gli auguri e soprattutto che potevamo mattere il Bambino Gesù nella pagghialora del presepe.
Auguri a tutti.
Caramente,
vostro doctor
30/12/2006 | 4280 letture | 0 commenti
di doctor
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