I racconti di Doctor
Incredibili, ma veri: Fortunatino
Galleria di personaggi strani, fatti, episodi, ai limiti della realtà.
Per rispetto della privacy i nomi ed i luoghi sono di pura fantasia.
Fortunatino
Fortunatino era un gran signore, dal parlare forbito in corretto italiano, aveva un modo di gesticolare composto ed efficace, rafforzava il suo eloquio con delle smorfie del volto teatrali e misurate. Non riuscivi a capire dove finiva la narrazione di un evento e dove cominciava la recitazione di un'invenzione. Sicuramente poteva essere un ottimo attore sia di cinema che di teatro, poliedrico, eccentrico, un pò istrione.
Al P.S.dell'ospedale Garibaldi occupava un posto di assistente di chirurgia, lui che non aveva mai fatto il chirurgo in vita sua.
Fu penoso una volta assistere alla sutura di una ferita all'arcata sopraciliare di un ragazzino. La pena era naturalmente per il ragazzino che poveretto, oltre alla ferita, aveva avuto la sventura di nascere da un papà cretino.
Il ragazzino fu osservato con grande attenzione, ma con atteggiamento di sufficienza da Fortunatino, il quale infine emise la sua sentenza: "bastano quattro punti di sutura ben dati!" ed invitò l'infermiere professionale, per altro bravissimo, a suturare quella "misera" ferita. A quel punto venne fuori tutta la cretinaggine del papà del ragazzino: "Dottore lei ha affermato che quattro punti sono sì necessari a suturare la ferita, ma ha anche detto che devono essere ben dati, pertanto Lei, che è il medico, deve suturare la ferita, è inutile che dia ordini all'infermiere, io non lo permetterò!".
Il povero Fortunatino abbozzò un mezzo sorriso con mezza bocca: "ma che vuole che siano quattro punti...". Si assestò gli occhiali sul naso per mettere bene a fuoco la ferita, s'intuì benissimo che ebbe come una vertigine, spalancò la mano destra, pronto a ricevere ed impugnare il porta aghi già montato con aghi e filo, con la sinistra afferrò un paio di pinze per bloccare un lembo della ferità, il ragazzino urlò in preda al terrore, il papà cretino mostrò grande soddisfazione perchè da uomo con tanto di coglioni - "vir" avrebbero detto i latini - si era imposto affinchè fosse il medico a suturare quella "misera" ferita.
Provai una gran pena per Fortunatino che sicuramente era in difficoltà, per il ragazzino che soffriva tanto, per il padre, che essendo appunto cretino aveva l'espressione beata in quel tragico momento.
Fortunatino aveva una moglie più giovane di lui e quando era di guardia per il turno di notte, sul tardi telefonava a casa per salutarla, nel contempo per suscitare comprensione e compassione millantava: "che serata d'inferno c'è stata, sparatine, accoltellamenti, sangue a 'lavina', sono distrutto...", e nel frattempo aspirava con grande soddisfazione il fumo dell'ennesima sigaretta.
Finita la telefonata continuava amabilmente a chiacchierare con i colleghi e con gli infermieri: "la società è stata e sarà sempre uguale, gli uomini comandano, hanno bisogno della loro libertà, della loro indipendenza, e le donne sono responsabili dell'andamento della famiglia, pertanto è bene che se ne stiano quanto più è possibile a casa a curare gli interessi della famiglia e a sbrigare le faccende domestiche.
L'uomo è stato sempre libero di organizzare la propria vita come meglio ha ritenuto opportuno. Nel secolo scorso, per esempio, gli uomini delle famiglie nobili, borghesi, ricche frequentavano il circolo dei nobili dove erano in grado, giusto per passare il tempo, di dilapidare interi patrimoni giocando amabilmente a poker o a chemin de fer. I poveri invece la sera per ansia di libertà andavano in osteria, si ubriacavano, chiacchieravano fra di loro e più modestamente giocavano a zecchinetta, si accapigliavano e talora si accoltellavano. Ma le donne sia dei poveri che dei ricchi se ne stavano a casa!!!"
Stavo incantato ad ascoltare e a considerare come simili personaggi erano reali. Nel frattempo volavo con il pensiero al mio paese, a quante famiglie nobili non c'erano più, quante osterie c'erano allora (Tresa a iaddina, u murtizzu, Cicciu Curadddu, Itieddu ed altri), come e quanto erano frequentate; l'olezzo di sarda fritta che ne veniva fuori è rimasto impresso in maniera indelebile nelle mie narici. A fine serata gli ospiti delle osterie, contenti, caracollando se ne tornavano a casa, spesso accompagnandosi tra di loro.
Fortunatino
Fortunatino era un gran signore, dal parlare forbito in corretto italiano, aveva un modo di gesticolare composto ed efficace, rafforzava il suo eloquio con delle smorfie del volto teatrali e misurate. Non riuscivi a capire dove finiva la narrazione di un evento e dove cominciava la recitazione di un'invenzione. Sicuramente poteva essere un ottimo attore sia di cinema che di teatro, poliedrico, eccentrico, un pò istrione.
Al P.S.dell'ospedale Garibaldi occupava un posto di assistente di chirurgia, lui che non aveva mai fatto il chirurgo in vita sua.
Fu penoso una volta assistere alla sutura di una ferita all'arcata sopraciliare di un ragazzino. La pena era naturalmente per il ragazzino che poveretto, oltre alla ferita, aveva avuto la sventura di nascere da un papà cretino.
Il ragazzino fu osservato con grande attenzione, ma con atteggiamento di sufficienza da Fortunatino, il quale infine emise la sua sentenza: "bastano quattro punti di sutura ben dati!" ed invitò l'infermiere professionale, per altro bravissimo, a suturare quella "misera" ferita. A quel punto venne fuori tutta la cretinaggine del papà del ragazzino: "Dottore lei ha affermato che quattro punti sono sì necessari a suturare la ferita, ma ha anche detto che devono essere ben dati, pertanto Lei, che è il medico, deve suturare la ferita, è inutile che dia ordini all'infermiere, io non lo permetterò!".
Il povero Fortunatino abbozzò un mezzo sorriso con mezza bocca: "ma che vuole che siano quattro punti...". Si assestò gli occhiali sul naso per mettere bene a fuoco la ferita, s'intuì benissimo che ebbe come una vertigine, spalancò la mano destra, pronto a ricevere ed impugnare il porta aghi già montato con aghi e filo, con la sinistra afferrò un paio di pinze per bloccare un lembo della ferità, il ragazzino urlò in preda al terrore, il papà cretino mostrò grande soddisfazione perchè da uomo con tanto di coglioni - "vir" avrebbero detto i latini - si era imposto affinchè fosse il medico a suturare quella "misera" ferita.
Provai una gran pena per Fortunatino che sicuramente era in difficoltà, per il ragazzino che soffriva tanto, per il padre, che essendo appunto cretino aveva l'espressione beata in quel tragico momento.
Fortunatino aveva una moglie più giovane di lui e quando era di guardia per il turno di notte, sul tardi telefonava a casa per salutarla, nel contempo per suscitare comprensione e compassione millantava: "che serata d'inferno c'è stata, sparatine, accoltellamenti, sangue a 'lavina', sono distrutto...", e nel frattempo aspirava con grande soddisfazione il fumo dell'ennesima sigaretta.
Finita la telefonata continuava amabilmente a chiacchierare con i colleghi e con gli infermieri: "la società è stata e sarà sempre uguale, gli uomini comandano, hanno bisogno della loro libertà, della loro indipendenza, e le donne sono responsabili dell'andamento della famiglia, pertanto è bene che se ne stiano quanto più è possibile a casa a curare gli interessi della famiglia e a sbrigare le faccende domestiche.
L'uomo è stato sempre libero di organizzare la propria vita come meglio ha ritenuto opportuno. Nel secolo scorso, per esempio, gli uomini delle famiglie nobili, borghesi, ricche frequentavano il circolo dei nobili dove erano in grado, giusto per passare il tempo, di dilapidare interi patrimoni giocando amabilmente a poker o a chemin de fer. I poveri invece la sera per ansia di libertà andavano in osteria, si ubriacavano, chiacchieravano fra di loro e più modestamente giocavano a zecchinetta, si accapigliavano e talora si accoltellavano. Ma le donne sia dei poveri che dei ricchi se ne stavano a casa!!!"
Stavo incantato ad ascoltare e a considerare come simili personaggi erano reali. Nel frattempo volavo con il pensiero al mio paese, a quante famiglie nobili non c'erano più, quante osterie c'erano allora (Tresa a iaddina, u murtizzu, Cicciu Curadddu, Itieddu ed altri), come e quanto erano frequentate; l'olezzo di sarda fritta che ne veniva fuori è rimasto impresso in maniera indelebile nelle mie narici. A fine serata gli ospiti delle osterie, contenti, caracollando se ne tornavano a casa, spesso accompagnandosi tra di loro.
20/02/2005 | 3662 letture | 0 commenti
di doctor
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