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I racconti di Doctor
Incredibili ma veri: la Maga del paese vicino
Galleria di personaggi strani, fatti, episodi, ai limiti della realtà. Per rispetto della privacy i nomi ed i luoghi sono di pura fantasia.

La Maga del paese vicino

Mi trovavo con la mia famiglia in villeggiatura in campagna, era una di quelle giornate di luglio di caldo micidiale in cui si sta meglio chiusi in casa anzichè all'aperto. Eravamo all'ombra sotto la tettoia io e mia moglie a leggere e commentare i quotidiani, i miei figli nonostante il caldo erano in giro campagna-campagna, le cicale cantavano in maniera sfrenata dandoci ancora di più la sensazione del caldo, si era sentito da poco in lontananza l'orologio del Municipio che con i toni delle tre campane ritmicamente scanditi annunciava il mezzogiorno, eravamo sul punto di barricarci in casa per sottrarci alla calura infernale .

Improvvisamente sentiamo il progressivo avvicinarsi di una macchina a diesel che percorre la trazzera, sale per la nostra stradella, si ferma sulla terrazza alle nostre spalle sotto il pico del sole e dà un colpetto di clacson.
Di solito chi mi viene a trovare in campagna fa proprio così: arriva con la macchina fin quasi dentro casa, allorchè la macchina si arresta , anche se è l'ora del caldo e dormi, dà un colpetto di clacson come se fosse un colpetto di campanello, se non ti affretti a dare un segno di risposta i colpetti di clacson diventano due o un multiplo di due di cui l'ultimo ha una durata più prolungata. Per giunta se il tono della voce che risponde è un poco sull'assonnato ti deve sorbire: «bì dutturi nun cridu ca stava durmennu a st'ura». Nel frattempo la macchina, in genere vecchiotta, che ha subito un discreto dondolio per percorre l'infame trazzera gocciola olio ed imbratta la terrazza che essendo ammattonata in gres se lo assorbe rapidamente rimanendo macchiata in maniera indelebile.

Torniamo a quel giorno: vado a vedere chi è, su una Sport Wagon tre persone a bordo, scendono e mi vengono incontro esclamando: «mi 'ca c'è un bello frisco rispetto al nostro paese», paese che noi vizzinesi definiamo topograficamente in una fossa.
Li aveva condotti a me il marito di un'anziana signora di un paese vicino al nostro che io curavo diligentemente per una cirrosi epatica. A suo tempo avevo garantito al marito una sopravvivenza di almeno dieci anni s. c., eravamo già fortunosamente arrivati al dodicesimo anno. Invece un suo compaesano, uomo politico importante del luogo, che era stato a consulenza presso la celebre professoressa Sheila Sherlock al Royal Free Hospital di Londra, nonostante i costosi viaggi e le altrettanto costose cure, era morto dopo un paio di anni. Quindi grande era la stima nei miei confronti di questo marito, peraltro industrialotto fattosi dal nulla e con grande fiuto per gli affari. Allorchè aveva qualche amico malato "difficile" o di riguardo me lo inviava o me lo accompagnava personalmente a consulenza.

Quel giorno mi portò quei due signori che rispettivamente erano la figlia ed il genero di una malata non solo difficile, ma anche di riguardo.
«Dottore, mi deve fare la cortesia di venire a visitare una signora che è una grand'amica mia e soffre tanto da tempo, nessuno è riuscito a capirne la causa e tanto meno ad alleviarle le sofferenze, siamo curiosi di sentire il suo parere, l'accompagniamo noi andata e ritorno, abbiamo la macchina con l'aria condizionata.». Meno male, penso io, prendendo la borsa di medico e pronunciando all'indirizzo di mia moglie - poveretta - la classica frase: «sto tornando!».

Montiamo in macchina, mi tocca il posto il posto d'onore accanto al guidatore. Nel frattempo mi danno la notizia che non ci stiamo recando al paese dove normalmente risiedono, ma nella villa a mare dove villeggiano per sfuggire alla terribile calura estiva del loro paese.
La figlia mi racconta le sofferenze della madre: è diabetica da tanti anni, a causa del diabete ha disturbi alla vista, si stropiccia gli occhi frequentemente, a causa sempre del diabete ha perennemente la bocca asciutta e beve in continuazione, il diabete si è anche attaccato alle articolazioni e la paziente ha spesso dei dolori articolari micidiali, inoltre a causa della lunga durata della malattia la paziente si affanna facilmente, se si espone alle correnti d'aria compare una strana febbretta.

Finalmente arriviamo alla villa della paziente, era abbastanza fresca, immersa nel verde, ben curata, ma era anche il trionfo del kitsch: fontanella con Venere di Milo, i nani di Biancaneve, e un cane vero che, come scriveva Tomasi di Lampedusa a proposito del cane Benedicò, era dotato di una adorabile balordaggine, abbaiava rabbiosamente nonostante il padrone di casa, marito della paziente, gli ripetesse continuamente e con tono suadente: «non c'è bisogno ca fai accussì, u dutturi è dei nostri!».
Mentre ci dirigiamo verso l'ingresso delle casa l' amico che mi ha condotto da loro mi si avvicina e mi sussurra sottovoce: «Dutturi nun facissi comu o so solitu ca si fa pavari du liri, chista è a Maga do me paesi, non è una maga del male ma del bene e dà sempre buoni consigli (amori, affari, salute), vengono da tutta Italia per consultarla, di soldi n'avi tanti ca u po' suttirrari». Poco gradevole l'idea di essere sotterrato anche se dai soldi!

Entriamo in casa, si conferma il trionfo del kitsch: orribili cani di terracotta, animali che la padrona di casa ama, sono sparsi per tutto il salone e per le pregevoli scale di legno, un orologio a pendolo gigante scandisce il quarto d'ora con la suoneria del Big-Ben, etc.
Nella stanza da letto, sul letto matrimoniale tra lenzuola e cuscini ricamati troneggia la paziente - la Maga - ben pettinata e con al volto un "filo" di cipria; accanto, su una poltrona, fa bella mostra di sè una bellissima bambola di porcellana con in testa bellissimi boccoli biondi, guance ben colorite e indosso vestitini ricamati. Sicuramente in assenza della padrona questa bambola troneggia sul letto grande rifatto.
Appena entrato mi rendo subito conto che la paziente ha la faccia tipica della paziente affetta da sclerodermia. Mi presento, mi siedo accanto a Lei, constato lo stato di sofferenza, comincio a porre domande sull'inizio, il decorso, l'evolversi della malattia. Le mie domande ben precise, sono orientate a confermare o ad escludere la sclerodermia, le risposte della signora, altrettanto precise e puntuali, con dei sì e dei no pieni di meraviglia confermavano i miei sospetti diagnostici.
Concludo la visita affermando che il diabete c'entra fino ad un certo punto, ma che siamo in presenza di una malattia del tessuto connettivo, spiego con parole semplici che cosa sia il tessuto connettivo e come può essere attaccato da anticorpi che l'organismo fabbrica contro sè stesso. Prescrivo delle analisi di conferma, nel frattempo la figlia mi confida di aver già prenotato una visita presso un luminare oculista - iperbolico pleonasmo - presso l'ospedale San Raffaele di Milano. Rimaniano che eseguite le analisi e tornati da Milano si sarebbero fatti sentire.

Finite le vacanze, tornato a Catania, mi ero quasi dimenticato della Maga del paese vicino. Dopo tempo vengono presso il mio studio la paziente Maga e la figlia della Maga, soddisfatte in volto, mi riferiscono che il luminare oculista di Milano aveva confermato la mia diagnosi ed ambedue all'unisono mi fanno il più grande complimento che io abbia mai ricevuto nella mia vita professionale: «Dottore, lei è un Mago!».
Da una Maga vera sentirsi appellare e trattare da collega vi assicuro che non è un evento di tutti i giorni!!!
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20/08/2005 | 3734 letture | 0 commenti
di doctor
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