I racconti di Doctor
Scrivono di noi - Guido Ceronetti
da "Un viaggio in Italia" di Guido Ceronetti, edizione Einaudi.
Vizzini, 30 Aprile.
Mi sono rifugiato nell'ufficio postale perchè fuori piove e tuona ancora e sono arrivato senza ombrello. Il paesaggio siciliano velato dalla pioggia è di una irraggiungibile bellezza; perde col sole. Bruttissimi i luoghi attraversati (Lentini, Francofonte), ma finalmente Vizzini ha mantenuto una dignità urbana, un volto. L'uomo del bar, uno tornato dai continenti lontani, ritenendomi letterato non ha voluto gli pagassi il caffè, fatto alla tedesca apposta per me. Vizzini sotto la pioggia, in ora di vie spopolate, è spettrale e dolcissima. L'hanno contraffatta col turismo verghiano, ma oggi non c'è per le strade e cortili un pellegrinaggio d'amore.
Vero o immaginario, poco importa; sia pure quel magnifico sogno di pietra gialla lebbrosissima, dove il suono umano si è perso per sempre, il palazzo Rubiera del Gesualdo. La descrizione sembra corrispondergli: "tetti alti e bassi; finestre d'ogni grandezza, qua e là, come capitava; il portone signorile incastrato in mezzo a facciate da catapecchie. Il fabbricato occupava quasi tutta la lunghezza del vicoletto".
Tutte le finestre sono turate: unica apertura una grata in basso, che dà su un antro pieno di calce e attrezzi da muratori; erba selvatica dappertutto. Il palazzo La Gurna, invece è abitato; non cade a pezzi, è corroso bene. Dall'arco dell'androne spenzola un lungo filo di lampadina e piattello. Un inquilino sta uscendo: «Mah La Gurna sono venuti, hanno deciso che il palazzo fosse questo. Serve a richiamare gente. Fantasie». Sempre piove e fa freddo.
Letteraturomania rovente delira nella toponomastica: via Ariosto, cortile Boccaccio, via Leopardi, via Giotto, via Caronte, via Omero, via Foscolo, via Raffaello, cortile Carducci, salita Atene. La chiesa, sagrato erboso, sembra abbandonata, ma all'improvviso si mette a scampanare per dire che Dio vive, un bambino sotto l'acqua gioca solitario.
Visto dal lato della Cunzirìa, Vizzini è un lunghissimo drago di corrosioni, abbracciato alla montagna, che si desquama sotto il diluvio, immoto. Tutto è coperto dalla pioggia, che già pare venuto il buio.
Paesaggio di campagne deserte sotto la pioggia incantevole come a Vizzini.
Torno a Vizzini col sole e di nuovo l'uomo eccellente del bar ricusa con un gesto nobile di farsi pagare il caffè e mi custodisce la borsa pesante dietro il banco. Mentre sto seduto su un muricciolo mi circondano quattro ragazzini, Roberto, Luciano, Giovanni e Giuseppina coi quali è delizioso parlare di una vita che non faccio, girovago col mio teatrino di marionette. Gli racconto con buon successo la stria della Jena di San Giorgio, delle donne trasformate in salsicce, del bel finale con impiccagione. «Porta le marionette a Vizzini!» mi gridano. Oh sì, certo! Tra le rovine di casa Rubiera, in cima allo scalone sdentato di casa Trao.
"Dopo lungo soffrire ha reso l'anima a Dio l'Amico degli Amici Giuseppe...". Dietro l'altare stanno martirizzando Sant'Agata, già una mammella è strappata e pare un salame affettato mentre la tenaglia sadica è al lavoro sull'altra collina virginale. Un angelo sta calando dall'alto ma non arriverà a tempo... Ma al tempo del Gesualdo Vizzini era un universo, con le classi, i nobili, i borghesi, i contadini, i preti, i militari, gli intoccabili, la politica, le feste, l'intrigo, il teatro, i collegi, i monasteri, le luminarie, ora tutto questo è diventato invisibile e vive nell'epos, come Odisseo e Achille, e Vizzini è un grave palcoscenico deserto, che si rianima soltanto riaprendo un libro.
Doctor & Professor
Vizzini, 30 Aprile.
Mi sono rifugiato nell'ufficio postale perchè fuori piove e tuona ancora e sono arrivato senza ombrello. Il paesaggio siciliano velato dalla pioggia è di una irraggiungibile bellezza; perde col sole. Bruttissimi i luoghi attraversati (Lentini, Francofonte), ma finalmente Vizzini ha mantenuto una dignità urbana, un volto. L'uomo del bar, uno tornato dai continenti lontani, ritenendomi letterato non ha voluto gli pagassi il caffè, fatto alla tedesca apposta per me. Vizzini sotto la pioggia, in ora di vie spopolate, è spettrale e dolcissima. L'hanno contraffatta col turismo verghiano, ma oggi non c'è per le strade e cortili un pellegrinaggio d'amore.
Vero o immaginario, poco importa; sia pure quel magnifico sogno di pietra gialla lebbrosissima, dove il suono umano si è perso per sempre, il palazzo Rubiera del Gesualdo. La descrizione sembra corrispondergli: "tetti alti e bassi; finestre d'ogni grandezza, qua e là, come capitava; il portone signorile incastrato in mezzo a facciate da catapecchie. Il fabbricato occupava quasi tutta la lunghezza del vicoletto".
Tutte le finestre sono turate: unica apertura una grata in basso, che dà su un antro pieno di calce e attrezzi da muratori; erba selvatica dappertutto. Il palazzo La Gurna, invece è abitato; non cade a pezzi, è corroso bene. Dall'arco dell'androne spenzola un lungo filo di lampadina e piattello. Un inquilino sta uscendo: «Mah La Gurna sono venuti, hanno deciso che il palazzo fosse questo. Serve a richiamare gente. Fantasie». Sempre piove e fa freddo.
Letteraturomania rovente delira nella toponomastica: via Ariosto, cortile Boccaccio, via Leopardi, via Giotto, via Caronte, via Omero, via Foscolo, via Raffaello, cortile Carducci, salita Atene. La chiesa, sagrato erboso, sembra abbandonata, ma all'improvviso si mette a scampanare per dire che Dio vive, un bambino sotto l'acqua gioca solitario.
Visto dal lato della Cunzirìa, Vizzini è un lunghissimo drago di corrosioni, abbracciato alla montagna, che si desquama sotto il diluvio, immoto. Tutto è coperto dalla pioggia, che già pare venuto il buio.
Paesaggio di campagne deserte sotto la pioggia incantevole come a Vizzini.
Torno a Vizzini col sole e di nuovo l'uomo eccellente del bar ricusa con un gesto nobile di farsi pagare il caffè e mi custodisce la borsa pesante dietro il banco. Mentre sto seduto su un muricciolo mi circondano quattro ragazzini, Roberto, Luciano, Giovanni e Giuseppina coi quali è delizioso parlare di una vita che non faccio, girovago col mio teatrino di marionette. Gli racconto con buon successo la stria della Jena di San Giorgio, delle donne trasformate in salsicce, del bel finale con impiccagione. «Porta le marionette a Vizzini!» mi gridano. Oh sì, certo! Tra le rovine di casa Rubiera, in cima allo scalone sdentato di casa Trao.
"Dopo lungo soffrire ha reso l'anima a Dio l'Amico degli Amici Giuseppe...". Dietro l'altare stanno martirizzando Sant'Agata, già una mammella è strappata e pare un salame affettato mentre la tenaglia sadica è al lavoro sull'altra collina virginale. Un angelo sta calando dall'alto ma non arriverà a tempo... Ma al tempo del Gesualdo Vizzini era un universo, con le classi, i nobili, i borghesi, i contadini, i preti, i militari, gli intoccabili, la politica, le feste, l'intrigo, il teatro, i collegi, i monasteri, le luminarie, ora tutto questo è diventato invisibile e vive nell'epos, come Odisseo e Achille, e Vizzini è un grave palcoscenico deserto, che si rianima soltanto riaprendo un libro.
Doctor & Professor
02/08/2005 | 3174 letture | 0 commenti
di doctor
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