I racconti di Doctor
Il mago
Era sicuramente il più noto e accreditato mago del paese. Era in grado di prevedere
e porre rimedio a tutto: amori, affari, salute, malocchi e occhiature varie. Dotato
di grande capacità discorsiva, sempre fortemente coinvolgente ed affabulatoria,
era un grande, vestiva elegantemente da lord inglese, fumava la pipa. Aveva aperto
una casa del pesce in via Giovanni Verga, che si limitava a gestire. Non si era
mai messo le mani ammollo, li metteva ammollo al suo posto un dipendente.
Nel suo tempo libero dagli affari e dalla sua arte sovrannaturale, che lo coinvolgeva
non poco tra filtri magici e mavarie. Amava dedicarsi alle donne, debolezza e
punto di incontro-scontro con l'altro personaggio della storia.
L'altro personaggio della storia è un signore molto intelligente, che per verosimiglianza chiamiamo Lo Bue. Aveva una zammuliata di figli e una passione sfrenata per la politica, tanto che era anche assessore comunale. Si occupava in particolare di nettezza urbana, conosceva bene tutti gli spazzini del paese e le rispettive famiglie, mogli incluse. Ove possibile, approfittava in maniera discreta del suo ruolo per favorire i dipendenti spazzini in cambio di qualche reciproco favore da parte delle relative mogli, specie se piacenti e compiacenti, naturalmente.
Più di una volta l'uno e l'altro personaggio della storia erano stati in competizione tra loro per ottenere i favori della medesima donna. La gelosia è sempre una brutta e imprevedibile consigliera, ma stavolta il mago si superò: tese un diabolico tranello al suo avversario in amore, scrisse con ritagli di giornale una lettera minatoria anonima a sè stesso in cui si chiedevano soldi in cambio di silenzio su eventi pruriginosi e assai compromettenti, si indicava quando, dove e come far trovare il malloppo. Naturalmente il quando era di notte, il dove era per contrappassso un bidone della munnizza, il come era una busta da lettere.
Il mago chiuse la lettera, la indirizzò come destinatario a un suo numero di tessera postale di riconoscimento e se la inviò fermo posta all'ufficio postale di Vizzini. Nello stesso tempo e allo stesso modo scrisse una lettera anonima al suo avversario in amore in cui si fingeva essere una donna perdutamente innamorata di lui e che se avesse voluto ulteriori ragguagli, fotografie comprese, li avrebbe potuto trovare in una lettera messa a dimora nel medesimo bidone della munnizza, da ritirare allo stesso giorno e allo stessa ora come già indicato nella lettera anonima indirizzata a sè stesso.
Dopo qualche giorno il mago ritirò all'ufficio postale la lettera minatoria anonima indirizzata a sè stesso, dritto dritto andò a presentare denunzia ai carabinieri, i quali lessero la lettera minatoria, tempestivamente aprirono le indagini, si attivarono a montare rigorosamente la guardia al bidone della munnizza indicato nella lettera anonima. Il tutto si svolgeva nel quartiere di Santa Teresa, di fronte la casa del mago, e lui dal balcone di casa, di nascosto, poteva osservare l'evolversi degli eventi: la notte indicata, all'ora indicata, il signor Lo Bue, come recita la informativa dei carabinieri, con fare circospetto si avvicinava al sopradetto bidone della munnizza e osservava dentro alla ricerca di qualcosa che lo interessava. A quel punto i carabinieri, certi del misfatto in corso, con una implacabile manovra "a tenaglia", degna di miglior causa, tempestivamente bloccarono il malcapitato, lo ammanettarono, lo portarono in caserma per gli accertamenti di rito, lo interrogarono e informarono regolarmente la magistratura di Caltagirone competente per territorio. Fu imbastito regolare processo: ad uno ad uno furono interrogati tutti i dipendenti dell'ufficio Postale di Vizzini allo scopo di individuare chi aveva ritirato la lettera anonima e a quale documento fermo posta fosse stata indirizzata. Tutti unanimemente risposero che non se ne ricordavano, l'unico estremamente tenace e deciso su quanto dichiarava fu Giovannino Costa, al quale il magistrato rammentò con tono minaccioso che aveva giurato di dire tutta la verità, nient' altro che la verità e poteva pertanto rischiare di essere accusato di falsa testimonianza e favoreggiamento in caso avesse mentito.
Giovannino Costa dichiarava con estrema decisione che la lettera fermoposta era sta ritirata dal mago. «Signor giudice, a costo di andare a finire in galera, non torno indietro su quanto dichiarato!» rispondeva irato Giovannino.
Le cose erano messe veramente male per il Lo Bue e allora presero in mano la situazione alla ricerca di eventuali prove a discarico direttamente i figli. Uno scoprì che il mago nelle sue trasferte fuori paese aveva alloggiato in un albergo di Ragusa esibendo come documento di identità un documento che casualmente era il medesimo della lettera anonima che il mago aveva indirizzato a sè stesso fermoposta presso l'ufficio postale di Vizzini. Al di là delle capacità divinatorie degli inquirenti, oggettivamente quanti potevano sapere il numero e di quale documento di identità il mago si era servito?
Il figlio informò prontamente i ccarabinieri della importante scoperta, i quali informarono altrettanto prontamente la magistratura competente, il Lo Bue fu scarcerato dopo quindici giorni di galera in totale, il mago fu arrestato e successivamente condannato per un periodo decisamente più lungo.
L'altro personaggio della storia è un signore molto intelligente, che per verosimiglianza chiamiamo Lo Bue. Aveva una zammuliata di figli e una passione sfrenata per la politica, tanto che era anche assessore comunale. Si occupava in particolare di nettezza urbana, conosceva bene tutti gli spazzini del paese e le rispettive famiglie, mogli incluse. Ove possibile, approfittava in maniera discreta del suo ruolo per favorire i dipendenti spazzini in cambio di qualche reciproco favore da parte delle relative mogli, specie se piacenti e compiacenti, naturalmente.
Più di una volta l'uno e l'altro personaggio della storia erano stati in competizione tra loro per ottenere i favori della medesima donna. La gelosia è sempre una brutta e imprevedibile consigliera, ma stavolta il mago si superò: tese un diabolico tranello al suo avversario in amore, scrisse con ritagli di giornale una lettera minatoria anonima a sè stesso in cui si chiedevano soldi in cambio di silenzio su eventi pruriginosi e assai compromettenti, si indicava quando, dove e come far trovare il malloppo. Naturalmente il quando era di notte, il dove era per contrappassso un bidone della munnizza, il come era una busta da lettere.
Il mago chiuse la lettera, la indirizzò come destinatario a un suo numero di tessera postale di riconoscimento e se la inviò fermo posta all'ufficio postale di Vizzini. Nello stesso tempo e allo stesso modo scrisse una lettera anonima al suo avversario in amore in cui si fingeva essere una donna perdutamente innamorata di lui e che se avesse voluto ulteriori ragguagli, fotografie comprese, li avrebbe potuto trovare in una lettera messa a dimora nel medesimo bidone della munnizza, da ritirare allo stesso giorno e allo stessa ora come già indicato nella lettera anonima indirizzata a sè stesso.
Dopo qualche giorno il mago ritirò all'ufficio postale la lettera minatoria anonima indirizzata a sè stesso, dritto dritto andò a presentare denunzia ai carabinieri, i quali lessero la lettera minatoria, tempestivamente aprirono le indagini, si attivarono a montare rigorosamente la guardia al bidone della munnizza indicato nella lettera anonima. Il tutto si svolgeva nel quartiere di Santa Teresa, di fronte la casa del mago, e lui dal balcone di casa, di nascosto, poteva osservare l'evolversi degli eventi: la notte indicata, all'ora indicata, il signor Lo Bue, come recita la informativa dei carabinieri, con fare circospetto si avvicinava al sopradetto bidone della munnizza e osservava dentro alla ricerca di qualcosa che lo interessava. A quel punto i carabinieri, certi del misfatto in corso, con una implacabile manovra "a tenaglia", degna di miglior causa, tempestivamente bloccarono il malcapitato, lo ammanettarono, lo portarono in caserma per gli accertamenti di rito, lo interrogarono e informarono regolarmente la magistratura di Caltagirone competente per territorio. Fu imbastito regolare processo: ad uno ad uno furono interrogati tutti i dipendenti dell'ufficio Postale di Vizzini allo scopo di individuare chi aveva ritirato la lettera anonima e a quale documento fermo posta fosse stata indirizzata. Tutti unanimemente risposero che non se ne ricordavano, l'unico estremamente tenace e deciso su quanto dichiarava fu Giovannino Costa, al quale il magistrato rammentò con tono minaccioso che aveva giurato di dire tutta la verità, nient' altro che la verità e poteva pertanto rischiare di essere accusato di falsa testimonianza e favoreggiamento in caso avesse mentito.
Giovannino Costa dichiarava con estrema decisione che la lettera fermoposta era sta ritirata dal mago. «Signor giudice, a costo di andare a finire in galera, non torno indietro su quanto dichiarato!» rispondeva irato Giovannino.
Le cose erano messe veramente male per il Lo Bue e allora presero in mano la situazione alla ricerca di eventuali prove a discarico direttamente i figli. Uno scoprì che il mago nelle sue trasferte fuori paese aveva alloggiato in un albergo di Ragusa esibendo come documento di identità un documento che casualmente era il medesimo della lettera anonima che il mago aveva indirizzato a sè stesso fermoposta presso l'ufficio postale di Vizzini. Al di là delle capacità divinatorie degli inquirenti, oggettivamente quanti potevano sapere il numero e di quale documento di identità il mago si era servito?
Il figlio informò prontamente i ccarabinieri della importante scoperta, i quali informarono altrettanto prontamente la magistratura competente, il Lo Bue fu scarcerato dopo quindici giorni di galera in totale, il mago fu arrestato e successivamente condannato per un periodo decisamente più lungo.
06/02/2011 | 4630 letture | 0 commenti
di doctor
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