I racconti di Doctor
La transumanza sessuale
La transumanza sessuale non è un evento legato ai tempi moderni, c'è sempre stato,
solamente che prima si stava più accorti, soprattutto se ne parlava meno e comunque
con maggiore riservatezza. La cosa più disdicevole era allorquando tale transumanza
riguarda una coppia in cui il marito lavorava all'estero per guadagnare qualche
soldo da rimettere alla famiglia, come si suol dire era cornuto e mazziato.
È vero che i maschi erano cacciatori per definizione e ci tentavano sempre quando avevano a che fare con una donna sola, momentaneamente o definitivamente senza marito. La faccenda evolveva senza limiti allorchè trovavano una donna che soffriva molto la lontananza del marito in generale e quella sessuale in particolare.
Si verificò negli anni Sessanta un evento drammatico: una donna il cui marito emigrato lavorava all'estero, cedeva al corteggiamento prepotente, insistente e non proprio da galantuomo di un giovanotto locale. Dai oggi e dai domani, lui era un bel giovanotto, lei era una simpatica donna e per di più bonazza e sempre allegra, si ficiru i ficu, maturarono i fichi, nel senso che le cose andarono avanti: lui la andava a trovare tutte le sere, lei lo riceva, si incontravano nel catuoio di casa, finita la visita, diciamo più o meno intima, lui si accomiatava con la promessa che si sarebbero visti l'indomani. Lui lavorava felice e contento in una macelleria locale, lei badava alle sue faccende domestiche cantando con gaiezza canzoni in voga di Claudio Villa o di Luciano Taioli o di Nilla Pizzi.
Ma un triste giorno la madre di lui si rivolse al figlio con tono estremamente autorevole affinchè questo schifìo avesse decisamente termine, altrimenti lei non lo avrebbe voluto più vedere, se continuava così lui non si sarebbe mai sposato: quale donna avrebbe preso come fidanzato e come futuro marito uno che era impelagato con un'altra donna, per giunta sposata e madre di figli, quindi totalmente inaffidabile? Non esisteva ancora il divorzio, se per puro caso fosse tornato il marito e sempre per puro caso fosse venuto a conoscenza del tradimento, e reso edotto sempre per puro caso da qualcuno della incresciosa situazione, sicuramente, non per puro caso e non metaforicamente, gli avrebbe rotto le corna a lui e avrebbe punito in maniera esemplare la buttanazza moglie.
Di fronte a tanta pragmaticità e drammaticità prospettate dalla madre, il giovanotto fu folgorato come San Paolo sulla via di Damasco, ebbe una tragica visione della situazione, andò dalla sua amante, le disse con sicumera che dovevano smetterla una volte per tutte anche perchè la gente già mormorava su di loro, in conclusione si dissero definitivamente addio.
Da allora lui era sempre sgarbato e lavorava di malumore, anche lei era perennemente di malumore, piangeva amaramente e disperatamente, non cantava più. Un giorno la poveretta, in preda allo sconforto ed alla disperazione, non aspettandosi più niente di buono dalla vita e nel tentativo di propinare a piene mani sensi di colpa all'ormai odiato ex amante, decise di porre fine ai propri giorni: si attaccò alla canna del gas, nel senso che staccò il tubo dalla bombola di gas, aprì completamente la manopola della bombola, tappò tutte le porte e le finestre di casa in modo da poter respirare a pieni polmoni il gas, si distese su una sedia aspettando la morte che l'avrebbe colta ponendo così fine alla propria disperazione.
Ma non fù così facile, anzi si stava correndo il rischio di far saltare in aria alcune case del quartiere, abitanti compresi. Si sa che il gas butano delle bombole viene arricchito da un gas impuzzante aggiunto appositamente affinchè sia facilmente avvertita la puzza e così ci sia la possibilità di creare allarme tempestivamente e trovare l'eventuale rimedio altrettanto tempestivamente. I vicini di casa, sentendo la puzza del gas, si allarmarono notevolmente, capirono da dove veniva la puzza e con l'aiuto di tutti i curiosi che si erano radunati nei paraggi scassarono porte e finestre della casa di Ciccina per entrare e così ventilare gli ambienti. Grande fu la sorpresa allorchè trovarono Ciccina mezza morta stinnicchiata a braccia e gambe spalancate, con gli occhi fuori dalle orbite respirava a pieni polmoni aria piena di gas. Semincosciente, a stento parlava biascicando con difficoltà che voleva morire e non valeva la pena più vivere quella vita infelice, se ne vergognava soprattutto per i poveri figli, ma che tristezza infinita era continuare in quella vita senza marito e con tre figli sulle sue povere spalle. Naturalmente nessun accenno al fallito "fidanzamento" con il bel giovane e ai relativi momenti di intimità e compagnia perduti, ma quasi tutti lo sapevano.
Fu portata fuori a braccia, le fu praticata la respirazione artificiale, messa sollevata affinchè respirasse aria pulita e si liberasse di quella ricca di gas. Ciccina per questa volta si salvò e sopravvisse, sempre nervosa e perennente incazzata sì, ma comunque viva e vegeta.
Come è noto il fattore tempo attenua fino a farli scomparire tutti i dispiaceri e le contrarietà, è grande in noi la capacità di riprenderci dalle arrimazzate che la vita ci propina: Ciccina cominciò a piangere sempre meno, badava con maggiore accuratezza alla casa, a se stessa e ai figli. Pian piano riprese a cantare canzoni di Claudio Villa e di Luciano Taioli, non erano più canzoni allegre, ma erano canzoni sempre tristi: Binario di Claudio Villa «strette parallele della vita. Per me è finita, odo ancora lo stridere del treno, odo ancora allontanarsi il treno e lei che se ne va...» o Luciano Taioli «Quando tu sei partita mi hai donato una rosa ora triste e sfiorita... amore scrivimi non lasciarmi più in pena una frase, un rigo appena...».
Finisce così questa incredibile storia con i versi tristi ma indimenticabili di Claudio Villa e di Luciano Taioli.
Caramente,
vostro doctor
È vero che i maschi erano cacciatori per definizione e ci tentavano sempre quando avevano a che fare con una donna sola, momentaneamente o definitivamente senza marito. La faccenda evolveva senza limiti allorchè trovavano una donna che soffriva molto la lontananza del marito in generale e quella sessuale in particolare.
Si verificò negli anni Sessanta un evento drammatico: una donna il cui marito emigrato lavorava all'estero, cedeva al corteggiamento prepotente, insistente e non proprio da galantuomo di un giovanotto locale. Dai oggi e dai domani, lui era un bel giovanotto, lei era una simpatica donna e per di più bonazza e sempre allegra, si ficiru i ficu, maturarono i fichi, nel senso che le cose andarono avanti: lui la andava a trovare tutte le sere, lei lo riceva, si incontravano nel catuoio di casa, finita la visita, diciamo più o meno intima, lui si accomiatava con la promessa che si sarebbero visti l'indomani. Lui lavorava felice e contento in una macelleria locale, lei badava alle sue faccende domestiche cantando con gaiezza canzoni in voga di Claudio Villa o di Luciano Taioli o di Nilla Pizzi.
Ma un triste giorno la madre di lui si rivolse al figlio con tono estremamente autorevole affinchè questo schifìo avesse decisamente termine, altrimenti lei non lo avrebbe voluto più vedere, se continuava così lui non si sarebbe mai sposato: quale donna avrebbe preso come fidanzato e come futuro marito uno che era impelagato con un'altra donna, per giunta sposata e madre di figli, quindi totalmente inaffidabile? Non esisteva ancora il divorzio, se per puro caso fosse tornato il marito e sempre per puro caso fosse venuto a conoscenza del tradimento, e reso edotto sempre per puro caso da qualcuno della incresciosa situazione, sicuramente, non per puro caso e non metaforicamente, gli avrebbe rotto le corna a lui e avrebbe punito in maniera esemplare la buttanazza moglie.
Di fronte a tanta pragmaticità e drammaticità prospettate dalla madre, il giovanotto fu folgorato come San Paolo sulla via di Damasco, ebbe una tragica visione della situazione, andò dalla sua amante, le disse con sicumera che dovevano smetterla una volte per tutte anche perchè la gente già mormorava su di loro, in conclusione si dissero definitivamente addio.
Da allora lui era sempre sgarbato e lavorava di malumore, anche lei era perennemente di malumore, piangeva amaramente e disperatamente, non cantava più. Un giorno la poveretta, in preda allo sconforto ed alla disperazione, non aspettandosi più niente di buono dalla vita e nel tentativo di propinare a piene mani sensi di colpa all'ormai odiato ex amante, decise di porre fine ai propri giorni: si attaccò alla canna del gas, nel senso che staccò il tubo dalla bombola di gas, aprì completamente la manopola della bombola, tappò tutte le porte e le finestre di casa in modo da poter respirare a pieni polmoni il gas, si distese su una sedia aspettando la morte che l'avrebbe colta ponendo così fine alla propria disperazione.
Ma non fù così facile, anzi si stava correndo il rischio di far saltare in aria alcune case del quartiere, abitanti compresi. Si sa che il gas butano delle bombole viene arricchito da un gas impuzzante aggiunto appositamente affinchè sia facilmente avvertita la puzza e così ci sia la possibilità di creare allarme tempestivamente e trovare l'eventuale rimedio altrettanto tempestivamente. I vicini di casa, sentendo la puzza del gas, si allarmarono notevolmente, capirono da dove veniva la puzza e con l'aiuto di tutti i curiosi che si erano radunati nei paraggi scassarono porte e finestre della casa di Ciccina per entrare e così ventilare gli ambienti. Grande fu la sorpresa allorchè trovarono Ciccina mezza morta stinnicchiata a braccia e gambe spalancate, con gli occhi fuori dalle orbite respirava a pieni polmoni aria piena di gas. Semincosciente, a stento parlava biascicando con difficoltà che voleva morire e non valeva la pena più vivere quella vita infelice, se ne vergognava soprattutto per i poveri figli, ma che tristezza infinita era continuare in quella vita senza marito e con tre figli sulle sue povere spalle. Naturalmente nessun accenno al fallito "fidanzamento" con il bel giovane e ai relativi momenti di intimità e compagnia perduti, ma quasi tutti lo sapevano.
Fu portata fuori a braccia, le fu praticata la respirazione artificiale, messa sollevata affinchè respirasse aria pulita e si liberasse di quella ricca di gas. Ciccina per questa volta si salvò e sopravvisse, sempre nervosa e perennente incazzata sì, ma comunque viva e vegeta.
Come è noto il fattore tempo attenua fino a farli scomparire tutti i dispiaceri e le contrarietà, è grande in noi la capacità di riprenderci dalle arrimazzate che la vita ci propina: Ciccina cominciò a piangere sempre meno, badava con maggiore accuratezza alla casa, a se stessa e ai figli. Pian piano riprese a cantare canzoni di Claudio Villa e di Luciano Taioli, non erano più canzoni allegre, ma erano canzoni sempre tristi: Binario di Claudio Villa «strette parallele della vita. Per me è finita, odo ancora lo stridere del treno, odo ancora allontanarsi il treno e lei che se ne va...» o Luciano Taioli «Quando tu sei partita mi hai donato una rosa ora triste e sfiorita... amore scrivimi non lasciarmi più in pena una frase, un rigo appena...».
Finisce così questa incredibile storia con i versi tristi ma indimenticabili di Claudio Villa e di Luciano Taioli.
Caramente,
vostro doctor
08/11/2010 | 6546 letture | 0 commenti
di doctor
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