I racconti di Doctor
Emigrazione
Che tristezza infinita era quando partivano da emigranti amici, vicini di casa,
compagni di scuola o di giochi, la sensazione che avevi era che li vedevi e parlavi
con loro per l'ultima volta, che mai più li avresti rivisti e parlato con loro,
ma soprattutto che loro mai più ti avrebbero rivisto e parlato con te.
Lasciavano amici, parenti, ma anche abitudini, colori, profumi e sapori della propria terra, del proprio paese, la propria casa, l'asino o la mula con i quali avevano vissuto in simbiosi per anni. Lasciavano al vicino più caro o al parente più intimo qualcosa che potesse servire in caso di un eventuale loro ritorno: una pentola o una quadara, una conca o un cunculinu di rame con relativo circu in legno. In realtà era un auspicio come se, lasciando qualcosa di proprio, lasciassero qualche cosa che li attendeva con fiduciosa pazienza.
In fin dei conti noi che restavamo ci ritenevamo più fortunati, meno infelici giacchè, pur nel nostro piccolo, conservavamo le nostre abitudini locali, i nostri parenti locali, i nostri amici locali, il nostro ambiente, loro invece ci apparivano come degli infelici perchè, sradicati dal proprio territorio, dovevano adattarsi al tutto nuovo: al cibo, al clima, alla lingua, al lavoro, in una parola dovevano rinnovarsi! Coloro che non ce la facevano stavano male, oltre che psicologicamente, anche fisicamente, per loro si diceva che l'aria straniera, il clima straniero non gli aveva giovato, in realtà era la malinconia che non giovava loro: era la nostalgia che se li mangiava vivi!
Il pomeriggio prima della partenza passavano i camioncini dei Busacca per ritirare i bagagli. Capienti valigie, baule che tentavano di contenere tutto il contenibile: pezze di tela, di cotone, di percalle, lenzuola, copriletto e servizi da tavola ricamati a mano, che facevano parte del corredo o comprate per l'occasione, anche a credenza, da don Turiddu Cirnigliaro o da altri negozianti. In tal modo potevano avere la soddisfazione, anche all'estero, di sfoggiare le cose migliori che naturalmente non potevano non provenire che dal proprio paese di origine. Se avessero potuto si sarebbero portati appresso anche tutte le sementi tipiche del nostro territorio. In realtà alcune sementi se le sono portate, le hanno seminate e con alterna fortuna ne hanno colto i risultati.
Per tutta la sera e la notte della partenza ricevevano visite di parenti ed amici che avevano il compito di distrarli e stordirli con le chiacchiere in modo che non pensassero al momento terribile che stavano per passare. I saluti erano come tra chi non si rivedrà mai più, i pianti erano a dirotto e disperati.
Alle 4 del mattino, quando due campane dell'orologio del Municipo con ritmo bitonale scandivano lo svegliarino, avveniva la partenza dalla piazza del paese: baci, abbracci interminabili tra coloro che partivano e coloro che rimanevano, pianti irrefrenabili. Si saliva malvolentieri in macchina e finalmente si partiva. Il cuore diventava piccolo, piccolo: chissà se ti rivedrò piazza Umberto con il Municipio, i bar di Mazzone, di Lentini, di Morello, «a bedda Società Operaia», «u beddu parcu 'a musica» da cui si gode quella vista spettacolare con Monte Lauro che fa da orizzonte. In contemporanea i Busacca incoraggiavano ininterrottamente: «quali Vizzini e Vizzini, ca' è sempri paisi povero, dà è centomila voti megghiu, c'è lavoro e guadagno per tutti, fate un poco di sacrifici, mittiti quattro soldi da parte, vi faciti na bella pensioni e putiti magari turnari cà, v'accattati 'na casa, vi putiti rapiri 'na attività commerciali (un bar, un tabbacchinu), nun duviti 'dumannari nenti a nessuno e putiti fari i signori».
Nel frattempo si arrivava alla chiesetta del Crocifisso della Nivera e giù altre lacrime, invocazioni, preghiere e promesse. Si imbarcavano dal porto di Messina sulle navi Toscana, Surriento o altre per l'Australia, il viaggio durava 25 giorni. Per Nuova York si imbarcavano da Palermo sulle navi della flotta Achille Lauro e il viaggio durava dieci giorni.
Ben pochi sono stati quelli che hanno fatto ritorno in maniera stabile a Vizzini, la gran parte invece ha trovato un lavoro dignitoso e lo ha eseguito con altrettanta dignità, mostrando grandi capacità. Periodicamente venivano a Vizzini da turisti a passare un periodo di vacanza. Le famiglie partite già formate si sono stabilite all'estero, hanno fatto altri figli e successivamente sono nati i nipoti che si sono perfettamente integrati nella società locale. Per coloro che erano partiti scapoli o per coloro che erano cresciuti tanto da arrivare ancora scapoli all'età del matrimonio si guardava intorno, soprattutto nelle famiglie dei compaesani, per vedere se si poteva trovare qualche elemento buono, di bella presenza, onesto, lavoratore, all'antica - grande considerazione si aveva per questa qualità -, che potesse essere degno di entrare in famiglia. Se questo o questa non si trovava in loco si avviavano i contatti con la madre patria per guardare bene intorno alla ricerca del soggetto più adatto. A quel punto si attivava in paese il servizio segreto vizzinese, più efficiente del Mossad israeliano, alla ricerca della persona giusta e si preparava un ampio ventaglio di proposte da presentare al richiedente prontamente e da scremare successivamente dopo attenta valutazione. Spesso si trovava la persona giusta, ci si conosceva tramite fotografia e tramite dettagliate informazioni reciprocamente scambiate. Combinato il futuro matrimonio, se era possibile che i due fossero contemporaneamente presenti a Vizzini o all'estero, si organizzava la cerimonia, se invece ciò non era possibile si dava l'avvio alle procedure del matrimonio per procura: rimanendo ognuno al proprio domicilio si dava ufficialmente ad una persona di fiducia l'incarico di rappresentarlo allo stato civile del Comune di Vizzini. Era d'uso in quella giornata eseguire una fotografia con la sposa o lo sposo che mostrava la fotografia bellamente incorniciata del novello coniuge, gli sposi si sarebbero successivamente ricongiunti in America o in Australia. Il matrimonio era valido a tutti gli effetti sia civili che religiosi. Spesso la coppia novella risultava ben assortita anche perchè ci si ragionava parecchio su sia da parte degli incaricati vizzinesi che da parte dei parenti e amici emigrati prima di prendere una decisione. Talora, ma raramente, veniva sottaciuto qualche lieve difetto fisico che era quasi impercettibile per coloro che lo avevano proposto, ma che diventava pesante per i destinatari. Ciò diventava motivo di litigi epistolari durevoli nel tempo, dei possibili difetti la balbuzie era quello più frequentemente nascosto ma meglio sopportato, il difetto della deambulazione, chiaramente, era quello peggio tollerato anche se coloro che lo avevano proposto asserivano: «mincia chi su esagerati, mancu si vira!».
I vizzinesi all'estero spesso si incontrano tra di loro, sia in Australia che negli Stati Uniti esistono comunità di vizzinesi che organizzano perfino la festa di San Giovanni in miniatura, hanno fondato clubs che sono in grado di organizzare meetings e riunioni conviviali dove si possono gustare pietanze tipiche vizzinesi. Sempre graditi e festeggiati alla grande dai compaesani erano, sono e saranno i vizzinesi che si recano in gita turistica in quelle nazioni. Tempo addietro era anche l'occasione per conoscere le ultime novità del paese: chi si ricia a Vizzini, cu muriu, cu si ficia 'zitu e cu cui. Oggi tramite il telefono ci si aggiorna rapidamente e tutto ciò che avviene a Vizzini si sa in tempo reale anche all'estero.
Molteplici fattori di ordine economico e sociale spinsero gli abitanti delle zone rurali ad emigrare: il miglioramento dei mezzi e delle vie di comunicazione, nonchè il richiamo e le notizie che ricevevano da parte di parenti ed amici che li avevano preceduto sulla via dell' esodo, le difficili condizioni economiche locali, la possibilità di rimesse di moneta pregiata dall'estero.
Si verifica un vero e proprio esodo che coinvolge in un primo tempo singoli membri della famiglia, generalmente i più giovani e validi, in un secondo tempo il rimanente nucleo familiare.
Il 1876 segna la data ufficiale di nascita dell'emigrazione italiana: in una prima fase tra il 1876 ed il 1900 fu un fenomeno in rapido sviluppo che scopriva progressivamente gli sbocchi oltreoceano, in particolar modo quelli latino americani con netta prevalenza per Argentina e Brasile e successivamente Stati Uniti.
Nella seconda fase, che va dai primi del '900 alla prima Guerra Mondiale, cioè dopo l'introduzione su larga scala della navigazione a vapore, si assistette a un esodo di massa dall'Italia: fu netta la preferenza per le mete d'oltreoceano, la maggior parte degli espatriati si diresse verso le Americhe e soprattutto gli Stati Uniti diventarono destinatari preferiti dall'emigrazione italiana; nell'America latina si ridusse rapidamente l'importanza del Brasile e invece aumentò il flusso migratorio verso l'Argentina, anche le emigrazioni in altre nazioni europee registrarono una forte crescita .
Nella terza fase dell'emigrazione, che coincise con il periodo compreso tra le due guerre mondiali, dopo la prima Guerra Mondiale l'emigrazione riprese verso le mete tradizionali, anche se il primato statunitense venne fortemente ridimensionato. Si rafforzarono le correnti verso il Canada ed il Venezuela, ripresero quota Australia e Belgio. Nel secondo dopoguerra le condizioni economiche veramente disagiate, le buone notizie che si ricevevano dall'estero, la relativa maggiore facilità dei viaggi spinsero ad emigrare: gli Stati Uniti e l'Australia furono le mete preferite. Contemporaneamente si inaugurarano a Vizzini diverse agenzie di emigrazione che coordinavano tutte le pratiche per l'espatrio: si iniziava con l'atto di richiamo, si proseguiva con la visita medica di idoneità a Messina o a Palermo presso professionisti di fiducia indicati dal Consolato estero e si concludevano con la prenotazione del viaggio in nave, il relativo biglietto e l'imbarco.
L'agenzia più accreditata e acclientata era in via Roma ed era quella di Giacomo Starrantino il quale, validamente coadiuvato in agenzia dalla moglie Giovanna Zuccalà, dava udienza sia a vizzinesi che a persone provenienti da paesi vicini privi di agenzie di emigrazione. Altre agenzie erano quelle del sig. Salvatore La Ferita, collaborato dal figlio Pippo, con sede in via San Sebastiano e infine quella di don Guardinu Fede, collaborato da Tanino Cirnigliaro, figlio del tabaccaio don Cicciu 'mpigna, con sede in via San Sebastiano e successivamente in via San Giovanni quando, Tanino Cirnigliaro si mise in proprio.
Le compagnie di viaggio più stimate erano la Achille Lauro ed il Lloyd Triestino. Come addetti ai viaggi c'era zio Liccio Busacca con i figli Nino e Totò (u barunieddu) i quali, forniti di capienti macchine strapuntinate sempre pulite, lucide e meccanicamente a punto, eseguivano viaggi per le visite mediche a Messina o a Palermo, nonchè per le partenze degli emigranti con relativi accompagnatori.
Nel 1956 zio Liccio comprò un bellissimo autobus e quando erano numerosi i partenti e gli accompagnatori tirava fuori l'autobus, tutte le macchine, tutti gli autisti, nonchè i figli Nino e Totò con le proprie macchine. Era un spettacolo vederli schierati in piazza pronti per la partenza e zio Liccio, aspetto e carisma da grande capo, vociando a destra e a manca metteva autoritariamente ordine nella confusione.
Nel quindicennio 1956-1960 i valori assoluti dell'emigrazione verso i paesi d'oltreoceano si mantennero più bassi rispetto al primo quindicennio del secolo, si avviò il flusso di emigrazione interna che spostò migliaia di lavoratoti dalle regioni più povere del meridione alle aree industrializzate del Nord che avevano bisogno di manodopera. Inoltre, a partire dal 1958, la domanda europea di manodopera esplose al di là di ogni previsione e oltre che in agricoltura e nell'edilizia i nostri operai trovarono lavoro nelle grandi fabbriche della produzione fordista di automobili, macchinari, elettrodomestici di altri beni di consumo. Crebbe quindi l'emigrazione verso i paesi europei Francia, Belgio e, successivamente, Germania Federale e Svizzera.
Caramente,
vostro doctor
P.s.: di grande aiuto per la parte storica dell'emigrazione mi è stata la tesi di laurea di Marianna Ventura, che ringrazio.
Lasciavano amici, parenti, ma anche abitudini, colori, profumi e sapori della propria terra, del proprio paese, la propria casa, l'asino o la mula con i quali avevano vissuto in simbiosi per anni. Lasciavano al vicino più caro o al parente più intimo qualcosa che potesse servire in caso di un eventuale loro ritorno: una pentola o una quadara, una conca o un cunculinu di rame con relativo circu in legno. In realtà era un auspicio come se, lasciando qualcosa di proprio, lasciassero qualche cosa che li attendeva con fiduciosa pazienza.
In fin dei conti noi che restavamo ci ritenevamo più fortunati, meno infelici giacchè, pur nel nostro piccolo, conservavamo le nostre abitudini locali, i nostri parenti locali, i nostri amici locali, il nostro ambiente, loro invece ci apparivano come degli infelici perchè, sradicati dal proprio territorio, dovevano adattarsi al tutto nuovo: al cibo, al clima, alla lingua, al lavoro, in una parola dovevano rinnovarsi! Coloro che non ce la facevano stavano male, oltre che psicologicamente, anche fisicamente, per loro si diceva che l'aria straniera, il clima straniero non gli aveva giovato, in realtà era la malinconia che non giovava loro: era la nostalgia che se li mangiava vivi!
Il pomeriggio prima della partenza passavano i camioncini dei Busacca per ritirare i bagagli. Capienti valigie, baule che tentavano di contenere tutto il contenibile: pezze di tela, di cotone, di percalle, lenzuola, copriletto e servizi da tavola ricamati a mano, che facevano parte del corredo o comprate per l'occasione, anche a credenza, da don Turiddu Cirnigliaro o da altri negozianti. In tal modo potevano avere la soddisfazione, anche all'estero, di sfoggiare le cose migliori che naturalmente non potevano non provenire che dal proprio paese di origine. Se avessero potuto si sarebbero portati appresso anche tutte le sementi tipiche del nostro territorio. In realtà alcune sementi se le sono portate, le hanno seminate e con alterna fortuna ne hanno colto i risultati.
Per tutta la sera e la notte della partenza ricevevano visite di parenti ed amici che avevano il compito di distrarli e stordirli con le chiacchiere in modo che non pensassero al momento terribile che stavano per passare. I saluti erano come tra chi non si rivedrà mai più, i pianti erano a dirotto e disperati.
Alle 4 del mattino, quando due campane dell'orologio del Municipo con ritmo bitonale scandivano lo svegliarino, avveniva la partenza dalla piazza del paese: baci, abbracci interminabili tra coloro che partivano e coloro che rimanevano, pianti irrefrenabili. Si saliva malvolentieri in macchina e finalmente si partiva. Il cuore diventava piccolo, piccolo: chissà se ti rivedrò piazza Umberto con il Municipio, i bar di Mazzone, di Lentini, di Morello, «a bedda Società Operaia», «u beddu parcu 'a musica» da cui si gode quella vista spettacolare con Monte Lauro che fa da orizzonte. In contemporanea i Busacca incoraggiavano ininterrottamente: «quali Vizzini e Vizzini, ca' è sempri paisi povero, dà è centomila voti megghiu, c'è lavoro e guadagno per tutti, fate un poco di sacrifici, mittiti quattro soldi da parte, vi faciti na bella pensioni e putiti magari turnari cà, v'accattati 'na casa, vi putiti rapiri 'na attività commerciali (un bar, un tabbacchinu), nun duviti 'dumannari nenti a nessuno e putiti fari i signori».
Nel frattempo si arrivava alla chiesetta del Crocifisso della Nivera e giù altre lacrime, invocazioni, preghiere e promesse. Si imbarcavano dal porto di Messina sulle navi Toscana, Surriento o altre per l'Australia, il viaggio durava 25 giorni. Per Nuova York si imbarcavano da Palermo sulle navi della flotta Achille Lauro e il viaggio durava dieci giorni.
Ben pochi sono stati quelli che hanno fatto ritorno in maniera stabile a Vizzini, la gran parte invece ha trovato un lavoro dignitoso e lo ha eseguito con altrettanta dignità, mostrando grandi capacità. Periodicamente venivano a Vizzini da turisti a passare un periodo di vacanza. Le famiglie partite già formate si sono stabilite all'estero, hanno fatto altri figli e successivamente sono nati i nipoti che si sono perfettamente integrati nella società locale. Per coloro che erano partiti scapoli o per coloro che erano cresciuti tanto da arrivare ancora scapoli all'età del matrimonio si guardava intorno, soprattutto nelle famiglie dei compaesani, per vedere se si poteva trovare qualche elemento buono, di bella presenza, onesto, lavoratore, all'antica - grande considerazione si aveva per questa qualità -, che potesse essere degno di entrare in famiglia. Se questo o questa non si trovava in loco si avviavano i contatti con la madre patria per guardare bene intorno alla ricerca del soggetto più adatto. A quel punto si attivava in paese il servizio segreto vizzinese, più efficiente del Mossad israeliano, alla ricerca della persona giusta e si preparava un ampio ventaglio di proposte da presentare al richiedente prontamente e da scremare successivamente dopo attenta valutazione. Spesso si trovava la persona giusta, ci si conosceva tramite fotografia e tramite dettagliate informazioni reciprocamente scambiate. Combinato il futuro matrimonio, se era possibile che i due fossero contemporaneamente presenti a Vizzini o all'estero, si organizzava la cerimonia, se invece ciò non era possibile si dava l'avvio alle procedure del matrimonio per procura: rimanendo ognuno al proprio domicilio si dava ufficialmente ad una persona di fiducia l'incarico di rappresentarlo allo stato civile del Comune di Vizzini. Era d'uso in quella giornata eseguire una fotografia con la sposa o lo sposo che mostrava la fotografia bellamente incorniciata del novello coniuge, gli sposi si sarebbero successivamente ricongiunti in America o in Australia. Il matrimonio era valido a tutti gli effetti sia civili che religiosi. Spesso la coppia novella risultava ben assortita anche perchè ci si ragionava parecchio su sia da parte degli incaricati vizzinesi che da parte dei parenti e amici emigrati prima di prendere una decisione. Talora, ma raramente, veniva sottaciuto qualche lieve difetto fisico che era quasi impercettibile per coloro che lo avevano proposto, ma che diventava pesante per i destinatari. Ciò diventava motivo di litigi epistolari durevoli nel tempo, dei possibili difetti la balbuzie era quello più frequentemente nascosto ma meglio sopportato, il difetto della deambulazione, chiaramente, era quello peggio tollerato anche se coloro che lo avevano proposto asserivano: «mincia chi su esagerati, mancu si vira!».
I vizzinesi all'estero spesso si incontrano tra di loro, sia in Australia che negli Stati Uniti esistono comunità di vizzinesi che organizzano perfino la festa di San Giovanni in miniatura, hanno fondato clubs che sono in grado di organizzare meetings e riunioni conviviali dove si possono gustare pietanze tipiche vizzinesi. Sempre graditi e festeggiati alla grande dai compaesani erano, sono e saranno i vizzinesi che si recano in gita turistica in quelle nazioni. Tempo addietro era anche l'occasione per conoscere le ultime novità del paese: chi si ricia a Vizzini, cu muriu, cu si ficia 'zitu e cu cui. Oggi tramite il telefono ci si aggiorna rapidamente e tutto ciò che avviene a Vizzini si sa in tempo reale anche all'estero.
Molteplici fattori di ordine economico e sociale spinsero gli abitanti delle zone rurali ad emigrare: il miglioramento dei mezzi e delle vie di comunicazione, nonchè il richiamo e le notizie che ricevevano da parte di parenti ed amici che li avevano preceduto sulla via dell' esodo, le difficili condizioni economiche locali, la possibilità di rimesse di moneta pregiata dall'estero.
Si verifica un vero e proprio esodo che coinvolge in un primo tempo singoli membri della famiglia, generalmente i più giovani e validi, in un secondo tempo il rimanente nucleo familiare.
Il 1876 segna la data ufficiale di nascita dell'emigrazione italiana: in una prima fase tra il 1876 ed il 1900 fu un fenomeno in rapido sviluppo che scopriva progressivamente gli sbocchi oltreoceano, in particolar modo quelli latino americani con netta prevalenza per Argentina e Brasile e successivamente Stati Uniti.
Nella seconda fase, che va dai primi del '900 alla prima Guerra Mondiale, cioè dopo l'introduzione su larga scala della navigazione a vapore, si assistette a un esodo di massa dall'Italia: fu netta la preferenza per le mete d'oltreoceano, la maggior parte degli espatriati si diresse verso le Americhe e soprattutto gli Stati Uniti diventarono destinatari preferiti dall'emigrazione italiana; nell'America latina si ridusse rapidamente l'importanza del Brasile e invece aumentò il flusso migratorio verso l'Argentina, anche le emigrazioni in altre nazioni europee registrarono una forte crescita .
Nella terza fase dell'emigrazione, che coincise con il periodo compreso tra le due guerre mondiali, dopo la prima Guerra Mondiale l'emigrazione riprese verso le mete tradizionali, anche se il primato statunitense venne fortemente ridimensionato. Si rafforzarono le correnti verso il Canada ed il Venezuela, ripresero quota Australia e Belgio. Nel secondo dopoguerra le condizioni economiche veramente disagiate, le buone notizie che si ricevevano dall'estero, la relativa maggiore facilità dei viaggi spinsero ad emigrare: gli Stati Uniti e l'Australia furono le mete preferite. Contemporaneamente si inaugurarano a Vizzini diverse agenzie di emigrazione che coordinavano tutte le pratiche per l'espatrio: si iniziava con l'atto di richiamo, si proseguiva con la visita medica di idoneità a Messina o a Palermo presso professionisti di fiducia indicati dal Consolato estero e si concludevano con la prenotazione del viaggio in nave, il relativo biglietto e l'imbarco.
L'agenzia più accreditata e acclientata era in via Roma ed era quella di Giacomo Starrantino il quale, validamente coadiuvato in agenzia dalla moglie Giovanna Zuccalà, dava udienza sia a vizzinesi che a persone provenienti da paesi vicini privi di agenzie di emigrazione. Altre agenzie erano quelle del sig. Salvatore La Ferita, collaborato dal figlio Pippo, con sede in via San Sebastiano e infine quella di don Guardinu Fede, collaborato da Tanino Cirnigliaro, figlio del tabaccaio don Cicciu 'mpigna, con sede in via San Sebastiano e successivamente in via San Giovanni quando, Tanino Cirnigliaro si mise in proprio.
Le compagnie di viaggio più stimate erano la Achille Lauro ed il Lloyd Triestino. Come addetti ai viaggi c'era zio Liccio Busacca con i figli Nino e Totò (u barunieddu) i quali, forniti di capienti macchine strapuntinate sempre pulite, lucide e meccanicamente a punto, eseguivano viaggi per le visite mediche a Messina o a Palermo, nonchè per le partenze degli emigranti con relativi accompagnatori.
Nel 1956 zio Liccio comprò un bellissimo autobus e quando erano numerosi i partenti e gli accompagnatori tirava fuori l'autobus, tutte le macchine, tutti gli autisti, nonchè i figli Nino e Totò con le proprie macchine. Era un spettacolo vederli schierati in piazza pronti per la partenza e zio Liccio, aspetto e carisma da grande capo, vociando a destra e a manca metteva autoritariamente ordine nella confusione.
Nel quindicennio 1956-1960 i valori assoluti dell'emigrazione verso i paesi d'oltreoceano si mantennero più bassi rispetto al primo quindicennio del secolo, si avviò il flusso di emigrazione interna che spostò migliaia di lavoratoti dalle regioni più povere del meridione alle aree industrializzate del Nord che avevano bisogno di manodopera. Inoltre, a partire dal 1958, la domanda europea di manodopera esplose al di là di ogni previsione e oltre che in agricoltura e nell'edilizia i nostri operai trovarono lavoro nelle grandi fabbriche della produzione fordista di automobili, macchinari, elettrodomestici di altri beni di consumo. Crebbe quindi l'emigrazione verso i paesi europei Francia, Belgio e, successivamente, Germania Federale e Svizzera.
Caramente,
vostro doctor
P.s.: di grande aiuto per la parte storica dell'emigrazione mi è stata la tesi di laurea di Marianna Ventura, che ringrazio.
13/02/2009 | 5001 letture | 0 commenti
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