I racconti di Doctor
Giovannino P.
Giovannino P. era il pronipote dei vinti di Giovanni Verga: non aveva un lavoro
fisso, si adattava a fare il facchino o qualsiasi altro servizio si presentasse,
sempre con grande dignità e disponibilità; accoglieva tutto con serenità
e con un gran sorriso che lasciava intravedere la sua malconcia dentatura.
Era un buono Giovannino, sempre sorridente, si era sposato con una ragazza che secondo qualche maldicente aveva avuto nel suo passato qualche storia piccante. Era fiero di essersi sposato, nel senso che era fiero che qualcuna aveva deciso di accodare a lui fiducia quale marito, capofamiglia, capodicasa. E la domenica, allorchè uscivano a braccetto marito e moglie per recarsi al cinema Moderno o al cinema Italia, dove per 150 lire ti potevi godere due films più il film luce e la programmazione imminente, dicevo quando uscivano a braccetto il suo sorriso di sempre diventava più ampio ed il suo volto sembrava illuminarsi di una luce propria, pregna di felicità.
Ogni tanto, se le condizioni economiche glielo consentivano, beveva qualche bicchiere di vino in osteria e sempre trovava qualcuno che gli ricordava per il suo bene: «vira ca ti fa dannu». E quel bicchiere di vino anzicchè mettergli addosso un po' di allegria gli faciva vilenu!
Era epilettico Giovannino, tutti i compaesani lo conoscevano e sapevano di questa sua malattia. Periodicamente andava incontro a qualche crisi epilettica, più o meno violenta e di varia durata: improvvisamente impallidiva, si cambiava in faccia, stramazzava per terra, qualcuno esclamava «'ca siemmu», intuendo l'inizio di una crisi epilettica, nessuno lo stimolava con qualche domanda, o cercava di ostacolare quei movimenti inconsulti, qualcuno al massimo cercava di mettere una pezza tra i denti di Giovannino per evitare che si mordesse la lingua. I piedi cominciavano a sbattere tra di loro con ritmo costante, gli arti inferiori si flettevano sul bacino, i piedi continuavano a sbattere tra di loro anche in quella strana posizione, dalla bocca usciva bava. Piano piano il ritmo con cui sbattevano i piedi rallentava sempre più fino a quando si fermavano e ricadevano sul terreno, arrestandosi definitivamente. La gente che nel frattempo si era radunata, a debita distanza, attorno a lui tirava un sospiro di sollievo ed esclamava: «finiu!». Nel frattempo Giovannino ritornava lentamente in sensi, ma con l'aria stanca e confusa, qualcuno lo aiutava a rialzarsi in modo da mettersi a sedere, qualche altro gli portava un bicchiere di acqua, e c'era sempre qualcun altro che dopo che Giovannino si era ripreso del tutto lo accompagnava a piedi fino a casa. Non c'erano tante macchine in paese allora.
Tutto questo racconto di fatti reali ci dà l'idea come la solidarietà una volta era viva, vegeta e diffusa! Ora nutro qualche dubbio.
Caramente,
vostro doctor
Era un buono Giovannino, sempre sorridente, si era sposato con una ragazza che secondo qualche maldicente aveva avuto nel suo passato qualche storia piccante. Era fiero di essersi sposato, nel senso che era fiero che qualcuna aveva deciso di accodare a lui fiducia quale marito, capofamiglia, capodicasa. E la domenica, allorchè uscivano a braccetto marito e moglie per recarsi al cinema Moderno o al cinema Italia, dove per 150 lire ti potevi godere due films più il film luce e la programmazione imminente, dicevo quando uscivano a braccetto il suo sorriso di sempre diventava più ampio ed il suo volto sembrava illuminarsi di una luce propria, pregna di felicità.
Ogni tanto, se le condizioni economiche glielo consentivano, beveva qualche bicchiere di vino in osteria e sempre trovava qualcuno che gli ricordava per il suo bene: «vira ca ti fa dannu». E quel bicchiere di vino anzicchè mettergli addosso un po' di allegria gli faciva vilenu!
Era epilettico Giovannino, tutti i compaesani lo conoscevano e sapevano di questa sua malattia. Periodicamente andava incontro a qualche crisi epilettica, più o meno violenta e di varia durata: improvvisamente impallidiva, si cambiava in faccia, stramazzava per terra, qualcuno esclamava «'ca siemmu», intuendo l'inizio di una crisi epilettica, nessuno lo stimolava con qualche domanda, o cercava di ostacolare quei movimenti inconsulti, qualcuno al massimo cercava di mettere una pezza tra i denti di Giovannino per evitare che si mordesse la lingua. I piedi cominciavano a sbattere tra di loro con ritmo costante, gli arti inferiori si flettevano sul bacino, i piedi continuavano a sbattere tra di loro anche in quella strana posizione, dalla bocca usciva bava. Piano piano il ritmo con cui sbattevano i piedi rallentava sempre più fino a quando si fermavano e ricadevano sul terreno, arrestandosi definitivamente. La gente che nel frattempo si era radunata, a debita distanza, attorno a lui tirava un sospiro di sollievo ed esclamava: «finiu!». Nel frattempo Giovannino ritornava lentamente in sensi, ma con l'aria stanca e confusa, qualcuno lo aiutava a rialzarsi in modo da mettersi a sedere, qualche altro gli portava un bicchiere di acqua, e c'era sempre qualcun altro che dopo che Giovannino si era ripreso del tutto lo accompagnava a piedi fino a casa. Non c'erano tante macchine in paese allora.
Tutto questo racconto di fatti reali ci dà l'idea come la solidarietà una volta era viva, vegeta e diffusa! Ora nutro qualche dubbio.
Caramente,
vostro doctor
22/09/2008 | 4716 letture | 0 commenti
di doctor
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