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Gran cavalieri, eroi o uomini comuni?
Probabilmente oggi il termine confraternita evoca fantasmi incappucciati: i Beati Paoli, massonerie varie, oppure ancora, smaliziati dalla filmografia o dalla recente letteratura, si pensa ai Templari, al Gran Priorato di Sion, protagonista de "Il Codice da Vinci", recente bestseller di Dan Brown.
Ma niente di tutto ciò è sufficientemente vicino alla realtà; di vero c'è che sono istituti spesso di origine molto antica. Nelle epoche dalle forti contraddizioni, come quella medievale, in cui la religione, che da un lato era centro assoluto della vita, dall'altro era in balia di un totale imbarbarimento del messaggio evangelico, Papi che si sposavano, incitavano alla guerra e vescovi, veri e propri signori e proprietari di feudi, le confraternite erano nate con una precisa collocazione.
La loro funzione sociale era: assistere gli infermi, prestare soccorso alle famiglie in difficoltà, ma anche amministrare le chiese, il culto e le cerimonie, in mancanza di parroci, sanare le contraddizioni fra pubblico e privato, oggi si direbbe. Ciò non toglie, anzi spiega, come mai tali istituzioni assunsero ben presto un ruolo importante nel tessuto socio-politico locale.

A Vizzini le uniche parrocchie erano verso la metà del '500 la Matrice e S.Giovanni Evangelista, le altre chiese erano rette per lo più da confraternite. Ciò alimentò una forte conflittualità religiosa che arriva al suo culmine nel '700. Agli inizi del XVI secolo esistevano numerose confraternite, fra cui: S. Giovanni Battista, S. Pietro, Spirito Santo, S. Michele (detta anche di Gesù e Maria), dell'Immacolata Concezione, dei Bianchi. Si erano estinte o assorbite ad altre quella di S. Giacomo di Alto Passo, della Mercè, di Maria di Loreto, della Madonna di Trapani. Acquistò importanza la confraternita di S. Giovanni che aveva, fra i suoi compiti specifici, quello di aiutare i confrati in difficoltà e di eleggere i rettori della chiesa.

La Confraternita di San Giovanni ottenne già a partire dal 1537 una serie di privilegi, fra cui quello di poter uscire la statua del Santo tre volte l'anno, di poter fare due giorni di fiera oltre che di vedere elevata la chiesa a sacramentale.
Si accresceva il potere dei Procuratori a discapito dei parroci. Si accentuò la fisionomia di San Giovanni come chiesa "popolare" e ciò fece accrescere il suo patrimonio grazie a lasciti e donazioni. La chiesa venne abbellita con preziosi arredi sacri e le feste, con le sacre rappresentazioni, divennero più frequenti e suntuose.

Dopo il terremoto del 1693 si accrebbe il prestigio della chiesa di S. Vito che gradualmente diventa la chiesa dei nobili e la confraternita dello Spirito Santo diviene la principale rivale di quella di S. Giovanni.
I confrati dello Spirito Santo gestivano un Ospedale grazie anche ad un lascito d el nobile Riccardo Pizza che volle anche l'istituzione di un "legato di maritaggio" ossia una dote che veniva assegnata ogni anno ad una ragazza orfana denominata "Sposa dello Spirito Santo".

Con il tempo, accentuandosi la conflittualità fra i due opposti quartieri, si arrivava spesso a disordini ed episodi qualche volta eclatanti come quello, già citato, del Vicario Albergo che nel 1720 sostenne ai confini del quartiere "ad modum belli" le ragioni della sua fazione.
Ma in un tempo in cui l'economia della città era sufficientemente florida, soprattutto grazie all'indotto dovuto all'industria artigianale creata dalle concierie, molte nuove famiglie si trasferivano in paese ed al loro seguito anche nuovi ordini religiosi, più di 12 ordini religiosi arrivarono a costruire conventi e monasteri nel territorio comunale. Aumentarono anche le confraternite dei laici come quella dei Bianchi portata forse dai Ventimiglia di Monforte, potente famiglia nobile arrivata nel '700, ramo collaterale dei Ventimiglia di Geraci, che larga parte avevano avuto nelle vicende politiche del Regno di Sicilia.

Questa famiglia si ritagliò molto presto un grosso ruolo all'interno della politica amministrativa locale, attirandosi per questo anche gli strali e gli odi delle famiglie locali. La confraternita dei Bianchi, di cui Verga immagina facesse parte anche Bianca Trao, era una confraternita di soli nobili che aveva come compito principale l'accompagnamento dei defunti. Oggi una tale funzione risulterebbe priva di significato, ma in un ambiente socio-economico in cui anche la morte era uno dei tanti eventi della vita, con cui si poteva veicolare l'immagine della ricchezza e del potere di una famiglia; anche un funerale era un momento dell'esistenza di una comunità con un forte significato evocativo.
Si pensi all'incipit del romanzo "I Vicerè" di De Roberto, che comincia proprio con la minuziosa descrizione della preparazione del funerale della principessa Teresa Uzeda. La prima volta che lessi il libro trovai la scena noiosa oltre che esagerata, ma dopo un pò di anni mi capitò di imbattermi in documenti, negli archivi delle chiese, dove era stato minuziosamente appuntato tutto ciò che comportava la preparazione di un funerale nobiliare, curioso a dirsi! La chiesa veniva "bardata" con drappi in velluto, fiori di seta, camerieri in livrea seguivano quella che poi diventava una vera processione. Con gli stendardi della confraternita di appartenenza e tanto di donne al seguito pagate perpiangere, le famose prefiche.
Con l'avvento della fotografia anche il servizio fotografico faceva parte del cerimoniale. Lo sò per certo, anch'io ho a casa il servizio fotografico della dipartita del bisnonno.

Ma tornando alle confraternite altre si aggiunsero a quelle citate: quella dell'Addolorata nel 1751 e quella di S. Giuseppe del 1813.
Recentemente grazie ad un raduno provinciale di confraternite, tenutosi proprio a Vizzini, promosso dalla confraternita del SS. Sacramento di Grammichele, presidente il Sig. Maurizio Ragusa, abbiamo scoperto che sono almeno tre le confraternite non ancora estinte, quindi giuridicamente in vigore, dal momento che devono passare 60 anni dalla morte dell'ultimo Confrate, (nel nostro caso alcuni confrati sono ancora viventi).
Il raduno delle confraternite a Vizzini
Così in una cerimonia ufficiale, sono stati nominati i commissari delle confraternite dello Spirito Santo, dell'Addolorata e di S. Giuseppe. Qualcuno si potrà chiedere a che serve oggi un'istituzione del genere. Le confraternite sono istituzioni religiose formate da laici nate per "soccorrere" e che nel tempo hanno, come tutti gli istituti umani, variamente svolto o travisato il loro compito; in un'epoca come la nostra in cui la solidarietà ha un significato dal gusto un pà "annacquato" chissà che (ma è solo un'ipotesi) un'istituto in più, preso dal passato, non possa provare ad esserci e a riscoprire il suo antico, ma sempre necessario compito: aiutare.

Auspicabile sarebbe anche l'istituzione di un museo di arte sacra, in cui esporre i tradizionali costumi delle confraternite, fortunatamente ancora "resistenti" all'incuria degli uomini e del tempo.
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05/02/2006 | 3795 letture | 0 commenti
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