I racconti di Doctor
Il fugacalli
In paese erano in tanti a soffrire per i calli, indossando la gran parte della
popolazione scarpe da campagna o comunque scarpe pesanti erano in molti a soffrire
per callosità alle estremità, anche alle mani, maneggiando marruggi vari.
I venditori di presunti callifughi venivano periodicamente in paese, di tardo pomeriggio o di sera in modo che fosse già rientrata in paese dai lavori in campagna quanto più gente possibile. Scaricavano nella piazzetta il loro armamentario ricco di strumenti vari per ripulire dalle callosità le estremità di eventuali volontari. Con particolare cura li disponevano in bella vista su tavolinetti appositamente apparecchiati. Per suscitare maggiore curiosità negli astanti esponevano diplomi vari di benemerenza acquisiti per meriti professionali speciali e concessi da parte di personalità importanti che avevano sofferto molto per i maledetti calli, ma avevano potuto godere delle prodigiose cure del nostro callista, per tenere desta l'attenzione tiravano fuori e le mettevano in bella mostra bocce contenenti cadaveri di serpenti, conservati in formalina o in alcool.
Il massimo dell'attenzione lo si raggiungeva nel momento in cui tiravano fuori un sacco di iuta che conteneva, a loro detta, un serpente velenoso vivo, lo tiravano fuori dal sacco con studiata lentezza, lo prendevano stringendolo per la testa ad entrambi i lati della bocca in modo che non potesse mordere e mostravano così alla gente anche le ghiandole salivari del serpente contenenti il terribile veleno, che opportunamente estratto e sapientemente mescolato con particolari erbe formava la miracolosa pomata callifuga che spalmata nelle notti di luna piena, specie se in coincidenza con la notte di San Giovanni, rammolliva il callo, che così poteva essere facilmente rimosso.
C'era chi rimaneva incantato ad ascoltare, chi incredulo ascoltava lo stesso, ma intanto quasi tutti, temendo un sussulto del serpente velenoso, prudentemente facevano un passo indietro. Il callista riponeva il serpente velenoso nel sacco di iuta, diligentemente richiuso e ben conservato, ma osservato a vista con scrupolosa attenzione dagli astanti. Dopodichè il nostro venditore, parlando ad un microfono regolarmente ricoperto da un fazzoletto per trasmettere una voce più calda, iniziava ad illustrare i diplomi al merito ricevuti, da chi e perchè, quali vicissitudini e quali sofferenze avevano patito coloro che si erano voluti disobbligare inviando affettuosamente un diploma in segno di riconoscenza: un capo di stato estero per molto tempo era stato afflitto da un "occhio di pernice" posizionato sotto una falange dell'alluce sinistro ed era sul punto di non poter più camminare, ma la miracolosa pomata e la puntigliosa costanza nell'applicarla da parte del capo di stato avevano avuto ragione, "l'occhio di pernice" aveva mollato la presa con la sua radice o "chiodo" e il poveretto era rinato a nuova vita e aveva sentito il dovere di ringraziare l'abile callista con un modesto diploma ricco di medaglie e disegni onorifici, dimostrando così eterna gratitudine al grande e virtuoso inventore della miracolosa pomata. Di tali diplomi di benemerenza ne aveva acquisiti tanti e per eccesso di modestia ne esponeva solamente alcuni.
Alla conclusione un povero sofferente di calli veniva invitato alla prova pubblica: gli veniva ordinato di sedersi in centro in modo che tutti potessero osservare, veniva invitato ad alzarsi una braca dei pantaloni, a togliersi scarpa e calza per scoprire così il piede sofferente, il callista osservava attento il piede sofferente ed intristito esclamava un «ahi ahi» di grande contrizione accompagnandolo ad una espressione del volto che non lasciava presagire niente di buono.
Tutti quanti guardavano attenti e con grande meraviglia, i più maliziosi osservavano: «si saranno messi d'accordo fra loro prima. Infatti non si era mai visto un contadino dal piede casualmente così pulito e borotalcato, quasi profumato», l'operatore deponeva quindi una minima quantità della miracolosa pomata, aspettava che la callosità si ammorbidisse, dopodichè impugnava un tagliente attrezzo chirurgico e invitava il volontario a stringere eroicamente i denti nel momento dell'immancabile dolore, tutti quanti guardavano con occhi sgranati e tanta meraviglia l'evolversi degli eventi, sicuri di assistere a qualcosa di prodigioso. Il poveretto guardava in alto, stringeva la incompleta dentatura e pregava il Cielo che gli andasse tutto bene!
Finalmente dopo diversi tentativi del valente callista il terribile callo saltava, la soddisfazione degli astanti era perfettamente percepibile dagli sguardi soddisfatti, non parliamo del povero cristo che si era sottoposto al pubblico esperimento, inoltre si doveva sorbire anche l'impudenza del callista che, atteggiando il volto ad organo genitale maschile, chiedeva se per caso avesse sentito dolore. Il poveretto rispondeva che grazie alla bravura del callista e anche grazie alla preparazione concomitante aveva ben sopportato il tutto!
Si passava al giro vendite, che in genere era scarso considerando non la limitatezza del materiale umano sofferente, ma l'oculatezza nello spendere da parte dei tirchi paesani: erano capaci di dividersi in due una scatoletta della pomata callifuga. Il venditore, resosi conto di aver commesso un imperdonabile errore - oggi si direbbe di marketing - allorchè aveva affermato che bastava una modesta quantità e per di più nelle sere di luna piena per dimostrare l'efficacia della pomata, cambiava il consiglio terapeutico: ricoprire abbondantemente il callo con la pomata e per giunta tutte le sere.
Il callista, rimasto male per il magro guadagno, irato metteva tutto in macchina e se ne andava, nel frattempo i contadini locali - scarpe grosse cervello fine - guardavano con estrema attenzione dove era andato a finire il sacco di iuta contenente il serpente velenoso si rasserenavano solo quando vedevano scomparire all'orizzonte la capiente e scassatissima macchina scarburante del fugacalli.
Caramente,
vostro doctor
I venditori di presunti callifughi venivano periodicamente in paese, di tardo pomeriggio o di sera in modo che fosse già rientrata in paese dai lavori in campagna quanto più gente possibile. Scaricavano nella piazzetta il loro armamentario ricco di strumenti vari per ripulire dalle callosità le estremità di eventuali volontari. Con particolare cura li disponevano in bella vista su tavolinetti appositamente apparecchiati. Per suscitare maggiore curiosità negli astanti esponevano diplomi vari di benemerenza acquisiti per meriti professionali speciali e concessi da parte di personalità importanti che avevano sofferto molto per i maledetti calli, ma avevano potuto godere delle prodigiose cure del nostro callista, per tenere desta l'attenzione tiravano fuori e le mettevano in bella mostra bocce contenenti cadaveri di serpenti, conservati in formalina o in alcool.
Il massimo dell'attenzione lo si raggiungeva nel momento in cui tiravano fuori un sacco di iuta che conteneva, a loro detta, un serpente velenoso vivo, lo tiravano fuori dal sacco con studiata lentezza, lo prendevano stringendolo per la testa ad entrambi i lati della bocca in modo che non potesse mordere e mostravano così alla gente anche le ghiandole salivari del serpente contenenti il terribile veleno, che opportunamente estratto e sapientemente mescolato con particolari erbe formava la miracolosa pomata callifuga che spalmata nelle notti di luna piena, specie se in coincidenza con la notte di San Giovanni, rammolliva il callo, che così poteva essere facilmente rimosso.
C'era chi rimaneva incantato ad ascoltare, chi incredulo ascoltava lo stesso, ma intanto quasi tutti, temendo un sussulto del serpente velenoso, prudentemente facevano un passo indietro. Il callista riponeva il serpente velenoso nel sacco di iuta, diligentemente richiuso e ben conservato, ma osservato a vista con scrupolosa attenzione dagli astanti. Dopodichè il nostro venditore, parlando ad un microfono regolarmente ricoperto da un fazzoletto per trasmettere una voce più calda, iniziava ad illustrare i diplomi al merito ricevuti, da chi e perchè, quali vicissitudini e quali sofferenze avevano patito coloro che si erano voluti disobbligare inviando affettuosamente un diploma in segno di riconoscenza: un capo di stato estero per molto tempo era stato afflitto da un "occhio di pernice" posizionato sotto una falange dell'alluce sinistro ed era sul punto di non poter più camminare, ma la miracolosa pomata e la puntigliosa costanza nell'applicarla da parte del capo di stato avevano avuto ragione, "l'occhio di pernice" aveva mollato la presa con la sua radice o "chiodo" e il poveretto era rinato a nuova vita e aveva sentito il dovere di ringraziare l'abile callista con un modesto diploma ricco di medaglie e disegni onorifici, dimostrando così eterna gratitudine al grande e virtuoso inventore della miracolosa pomata. Di tali diplomi di benemerenza ne aveva acquisiti tanti e per eccesso di modestia ne esponeva solamente alcuni.
Alla conclusione un povero sofferente di calli veniva invitato alla prova pubblica: gli veniva ordinato di sedersi in centro in modo che tutti potessero osservare, veniva invitato ad alzarsi una braca dei pantaloni, a togliersi scarpa e calza per scoprire così il piede sofferente, il callista osservava attento il piede sofferente ed intristito esclamava un «ahi ahi» di grande contrizione accompagnandolo ad una espressione del volto che non lasciava presagire niente di buono.
Tutti quanti guardavano attenti e con grande meraviglia, i più maliziosi osservavano: «si saranno messi d'accordo fra loro prima. Infatti non si era mai visto un contadino dal piede casualmente così pulito e borotalcato, quasi profumato», l'operatore deponeva quindi una minima quantità della miracolosa pomata, aspettava che la callosità si ammorbidisse, dopodichè impugnava un tagliente attrezzo chirurgico e invitava il volontario a stringere eroicamente i denti nel momento dell'immancabile dolore, tutti quanti guardavano con occhi sgranati e tanta meraviglia l'evolversi degli eventi, sicuri di assistere a qualcosa di prodigioso. Il poveretto guardava in alto, stringeva la incompleta dentatura e pregava il Cielo che gli andasse tutto bene!
Finalmente dopo diversi tentativi del valente callista il terribile callo saltava, la soddisfazione degli astanti era perfettamente percepibile dagli sguardi soddisfatti, non parliamo del povero cristo che si era sottoposto al pubblico esperimento, inoltre si doveva sorbire anche l'impudenza del callista che, atteggiando il volto ad organo genitale maschile, chiedeva se per caso avesse sentito dolore. Il poveretto rispondeva che grazie alla bravura del callista e anche grazie alla preparazione concomitante aveva ben sopportato il tutto!
Si passava al giro vendite, che in genere era scarso considerando non la limitatezza del materiale umano sofferente, ma l'oculatezza nello spendere da parte dei tirchi paesani: erano capaci di dividersi in due una scatoletta della pomata callifuga. Il venditore, resosi conto di aver commesso un imperdonabile errore - oggi si direbbe di marketing - allorchè aveva affermato che bastava una modesta quantità e per di più nelle sere di luna piena per dimostrare l'efficacia della pomata, cambiava il consiglio terapeutico: ricoprire abbondantemente il callo con la pomata e per giunta tutte le sere.
Il callista, rimasto male per il magro guadagno, irato metteva tutto in macchina e se ne andava, nel frattempo i contadini locali - scarpe grosse cervello fine - guardavano con estrema attenzione dove era andato a finire il sacco di iuta contenente il serpente velenoso si rasserenavano solo quando vedevano scomparire all'orizzonte la capiente e scassatissima macchina scarburante del fugacalli.
Caramente,
vostro doctor
02/07/2011 | 4352 letture | 0 commenti
di doctor
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