I racconti di Doctor
La filosofia degli scarpari
Gli scarpari erano quelli che parlavano di tutto con grande sicurezza, notevole
conoscenza universale ed enfatica prosopopea, avevano grande capacità di dialogo
e pervenivano a conclusioni sempre a loro favorevoli. La filosofia degli scarpari
era proverbiale, loro non lo sapevano nemmeno, ma si basava su un metodo filosofico
mirabile che era il consequenzialismo (a decidere la validità delle nostre scelte
non è l'adesione a un principio astratto, ma i risultati che quelle scelte producono).
Era una filosofia conosciuta anche dai docenti che subito aggredivano i propri allievi allorchè si avventuravano in strambe discussioni filosofiche, «chista è a filosofia de scarpari!», esclamavano zittendo il povero allievo.
La filosofia degli scarpari in effetti era nota: le divagazioni sui massimi sistemi erano sempre validi e servivano da premessa, ma le conclusioni erano terra-terra e sempre improntate alla massima praticità anzichè proporzionate alla importanza dei sistemi di cui si discuteva.
La loro bottega era caratteristica intanto per l'odore un misto di mastice e cuoio, alle loro spalle troneggiava una intera parete tappezzata con una raccolta di cartoline turistiche di provenienza varia, la più gettonata era la cartolina di Venezia con i classici colombi in palmo di mano, altra cartolina che non mancava quasi mai era quella che ritraeva il ponte di Broocculino, in genere inviata con tanti saluti e baci da qualche amico o parente emigrato negli States. Nella bottega del mastro 'nfurna pupi campeggiava un fac-simile formato gigante del deputato locale.
Erano dei gran lavoratori, dalla mattina alla sera cafuddavano colpi di martello per infiggere chiodi di vario tipo (tacci, siminzedda, etc.), lavoravano anche di lesina per sistemare petti e tacchi di scarpe talora da rottamare, ogni tanto alzavano una gamba in modo da emettere con maggiore scioltezza una sonora ventosità liberatoria, che rendeva loro più gradevole la vita.
Più volte al giorno si verificava un prodigio nella loro bottega: gli scarpari per tradizione tenevano miracolosamente in bocca, tra le labbra e i denti tutti i chiodi che dovevano utilizzare per ogni scarpa. Il prodigio quale era? Il numero dei chiodi era esattamente quello che occorreva, ma soprattutto che, nonostante la pericolosa posizione, non li ingoiavano mai. Quello era l'unico momento della giornata in cui stavano zitti e gli occasionali ospiti della bottega avevano la temporanea facoltà di parlare, tanto subito dopo loro avrebbero recuperato.
Particolare era il modo di camminare degli scarpari: andatura leggera, quasi da ballerino, poggiavano più la punta che il tacco o la pianta del piede, quasi avessero un grande rispetto per la pianta della calzatura nel timore di consumarla inutilmente. Gran parte di noi più anziani ricordiamo in paese l'andatura di Ciccio, detto il gatto sia per il modo leggero di camminare che per gli occhi cerulei. Era un appassionato giocatore di pallone e un inconcludente fimminaro amico strettissimo di un avvocato di grande cultura, ma inconcludente pure lui sia professionalmente che nella vita di tutti i giorni, abile ed implacabile chiacchierone dava lezioni di vita passeggiando fino a notte fonda per le vie del paese. Mi è rimasta impressa una sua affermazione: «Nella vita l'uomo può essere attratto da due grandi motivazioni che in ogni caso suscitano applausi: o le grandi conquiste nella scienza e nella vita di tutti i giorni o in alternativa il circo equestre, in tal caso sono gli acrobati o i pagliacci a suscitare gli applausi».
Altro particolare non indifferente era che quasi tutti gli scarpari avevano un passione smodata per la musica e appena possibile si esercitavano a suonare nella loro bottega o presso la bottega di altri artigiani.
Era una filosofia conosciuta anche dai docenti che subito aggredivano i propri allievi allorchè si avventuravano in strambe discussioni filosofiche, «chista è a filosofia de scarpari!», esclamavano zittendo il povero allievo.
La filosofia degli scarpari in effetti era nota: le divagazioni sui massimi sistemi erano sempre validi e servivano da premessa, ma le conclusioni erano terra-terra e sempre improntate alla massima praticità anzichè proporzionate alla importanza dei sistemi di cui si discuteva.
La loro bottega era caratteristica intanto per l'odore un misto di mastice e cuoio, alle loro spalle troneggiava una intera parete tappezzata con una raccolta di cartoline turistiche di provenienza varia, la più gettonata era la cartolina di Venezia con i classici colombi in palmo di mano, altra cartolina che non mancava quasi mai era quella che ritraeva il ponte di Broocculino, in genere inviata con tanti saluti e baci da qualche amico o parente emigrato negli States. Nella bottega del mastro 'nfurna pupi campeggiava un fac-simile formato gigante del deputato locale.
Erano dei gran lavoratori, dalla mattina alla sera cafuddavano colpi di martello per infiggere chiodi di vario tipo (tacci, siminzedda, etc.), lavoravano anche di lesina per sistemare petti e tacchi di scarpe talora da rottamare, ogni tanto alzavano una gamba in modo da emettere con maggiore scioltezza una sonora ventosità liberatoria, che rendeva loro più gradevole la vita.
Più volte al giorno si verificava un prodigio nella loro bottega: gli scarpari per tradizione tenevano miracolosamente in bocca, tra le labbra e i denti tutti i chiodi che dovevano utilizzare per ogni scarpa. Il prodigio quale era? Il numero dei chiodi era esattamente quello che occorreva, ma soprattutto che, nonostante la pericolosa posizione, non li ingoiavano mai. Quello era l'unico momento della giornata in cui stavano zitti e gli occasionali ospiti della bottega avevano la temporanea facoltà di parlare, tanto subito dopo loro avrebbero recuperato.
Particolare era il modo di camminare degli scarpari: andatura leggera, quasi da ballerino, poggiavano più la punta che il tacco o la pianta del piede, quasi avessero un grande rispetto per la pianta della calzatura nel timore di consumarla inutilmente. Gran parte di noi più anziani ricordiamo in paese l'andatura di Ciccio, detto il gatto sia per il modo leggero di camminare che per gli occhi cerulei. Era un appassionato giocatore di pallone e un inconcludente fimminaro amico strettissimo di un avvocato di grande cultura, ma inconcludente pure lui sia professionalmente che nella vita di tutti i giorni, abile ed implacabile chiacchierone dava lezioni di vita passeggiando fino a notte fonda per le vie del paese. Mi è rimasta impressa una sua affermazione: «Nella vita l'uomo può essere attratto da due grandi motivazioni che in ogni caso suscitano applausi: o le grandi conquiste nella scienza e nella vita di tutti i giorni o in alternativa il circo equestre, in tal caso sono gli acrobati o i pagliacci a suscitare gli applausi».
Altro particolare non indifferente era che quasi tutti gli scarpari avevano un passione smodata per la musica e appena possibile si esercitavano a suonare nella loro bottega o presso la bottega di altri artigiani.
17/04/2011 | 5057 letture | 0 commenti
di doctor
Cerca nel sito
Eventi
Articoli
RUBRICHE | Fisco e Finanza
25/01/2018 | 12311 letture
di C.B.
RUBRICHE | Terza pagina
27/07/2017 | 17235 letture
di M.G.V.
RUBRICHE | Economia
22/01/2017 | 14301 letture
di G.A.
RUBRICHE | Medicina
05/07/2016 | 12577 letture
di C.S.
Informazioni utili
- » Farmacie
- » Trasporti
- » Associazioni
Conferimento rifiuti
Newsletter
La città e la sua gente
- » Storia
- » Personaggi
- » Emigrati
Meteo
Le previsioni per i prossimi 7 giorni a Vizzini.
Per i dettagli clicca qui.
Per i dettagli clicca qui.
Collabora e segnala
Vuoi segnalare un problema di cui InfoVizzini.it dovrebbe occuparsi?
Ti piacerebbe diventare uno dei nostri collaboratore?
Stai organizzando un evento?
Desideri inviarci una foto o un video su Vizzini?